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di MASSIMO CICCOGNANI AD UN PASSO dalla meta.

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A Belgrado, nella bolgia del Marakana, finisce 1-1, con pareggio di Ilic a dieci minuti dalla fine che rimanda all'11 ottobre a Reggio Calabria la festa azzurra. Contro l'Azebargian occorrerà vincere per tenere sotto il Galles e conquistare così l'accesso a Euro 2004 dalla porta principale. Bolgia a Belgrado Sapevamo che non sarebbe stato facile e lo si è capito dall'accoglienza. Fredda, fischi dei 40.000 della «Stella Rossa» durante l'Inno Nazionale italiano. C'era da aspettarselo. Come c'era da aspettarsi una Serbia Montenegro affamata e arrembante. Gli uomini di Perovic si giocavano tutto, o quanto meno le residue speranze per rimanere agganciati all'Europa. Venti giorni fa, avevano domato la Serbia e contavano di regolare anche gli Azzurri e continuare a sognare. E quando si inizia c'è da farsi il segno della croce perché si intuisce con irrisoria facilità che uscire indenni da Belgrado sarà già un'impresa. Gli ex slavi giocano corto, i due davanti fanno un gran movimento e proiettano l'ex parmense Milosevic che partendo da dietro, si ritrova spesso e volentieri a contatto di gomito con Buffon. L'Italia è in affanno e per venti minuti vede le streghe. Ci pensa il portierone azzurro atirare su la saracinesca, chiudendo sulle folate degli scatenati padroni di casa che spingono come ossessi sulla destra dove Cirkovic diventa imprendibile anche per il giudizioso Zambrotta. Uno svarione di Panucci, altre tre conclusioni che fanno venire i brividi. Ma Buffon c'è. Lampo Inzaghi Venti minuti di Serbia Montenegro. L'Italia è in costante affanno, perché Zambrotta deve preoccuparsi di contenere senza riuscire a decollare sulla fascia, perché in mezzo Perrotta e Tacchinardi da cani il pressing asfissiante dei padroni di casa e perché davanti di palloni giocabili non ne arrivano. Venti minuti di Serbia Montenegro, venti minuti di sofferenza, con gli azzurri che hanno comunque il merito di saper contenere i danni. La strategia azzurra è nel segno della praticità. Niente spettacolo, serve solo il risultato. Venti minuti di Serbia Montenegro poi, il lampo azzurro. Re Mida Pippo Inzaghi è lì, ancora, manco fossero bastate le tre sberle rifilate al Galles a San Siro. Ancora lui, decisivo. Vola nella retroguardia degli ex slavi su un rilancio di capitan Cannavaro, Vieri è bravo a toccare di quel tanto per allungare la traiettoria della palla verso il compagno. Lui, Pippo Inzaghi, ci crede, fa fessi i due marcantoni serbi dai quadricipi gonfi e straripanti e arrivato a tu per tu con Jevric, lo batte con un tocco morbido: 0-1. È il diciannovesimo gol in azzurro, scavalcato Vieri, raggiunto Bettega. Un sogno e la «Stella Rossa» ammutolisce. Esce fuori l'Italia Adesso è proprio un'altra partita. Trapattoni era già corso ai ripari con tre mosse azzecatissime. Aveva chiesto a Zambrotta di avanzare il suo baricentro per non aspettare al limite Cirkovic, a Del Piero di arretrare per cucire quel gioco che non erano in grado di confezionare Perrotta e Tacchinardi e allo steso Inzaghi di coprire a sinistra sulle ripartenze degli slavi. Partita bloccata. Il vantaggio gasa gli azzurri e spegne i padroni di casa. Del Piero sale in cattedra e disegna una partita stupenda, mentre Buffon regala sicurezza ad un reparto che troppo spesso era finito in affanno nonostante le giudiziose prove di Nesta e Cannavaro. Arrembaggio serbo La ripresa, come ci si aspettava, è solo sofferenza. Serbi arrembanti e tignosi. L'Italia perde di lucidità e la stanchezza per i novanta minuti giocati quattro giorni prima contro il Galles, pesa come un macigno. Il Trap mette dentro Gattuso per dare respiro e quantità al reparto centrale, ma si soffre. Il centrocampo azzurro sparisce, l'assalto serbo è asfissiante. Ci credono e a 10' dalla fine centrano il bersaglio con Ilic che raccogli

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