«Il pallone s'è preso la Sars, ora si faccia curare»
.. «Spero che tutto questo sia come la Sars. Come una bella polmonite che scoppia e costringe il malato a curarsi. Per tempo». Giulio Andreotti, senatore a vita e romanista in eterno, legge, studia, verifica, controlla. Insomma, non stacca neanche un secondo dalle vicende calcistiche. «È vero - confessa -. Anzi, sa come è andata l'assemblea della Lega? Sa che cosa hanno deciso?». Presidente, ma qual è la causa di quel che sta accadendo? «Eh, non basterebbe una battuta. Diciamo che quello che sta avvenendo ha radici profonde e bisogna andare indietro nel tempo». A quando? «Diciamo a quando Achille Lauro comprò Hasse Jepson per il Napoli e pagò una cifra da capogiro: 105 milioni di lire. All'epoca fu quasi uno scandalo». Era il 1952. Fu forse il primo caso di commistione tra calcio e politica, Lauro fondò un suo partito e divenne sindaco di Napoli a quell'epoca. Bisogna andare così indietro? «Sì, Giulio Onesti, l'indimenticabile presidente del Coni, capì tutto. Scrisse un articolo dal titolo eloquente: "I ricchi scemi". Ecco, tutto è cambiato in quel momento». Addirittura? Cinquant'anni fa? «Accadde tutto in quel momento. Ricordo che eravamo all'inizio della ricostruzione del dopo-guerra e la comunità internazionale decise di toglierci i fondi per combattere il sottosviluppo». E cosa c'entravano i colpi di testa di Jepson? «Be', ci dissero: "Se potete spendere una cifra tale per un giocatore di calcio, non avete bisogno di aiuti per la povertà"». Avevano ragione? «Non so, fu l'inizio della svolta. Ricordo che prima di allora, una volta, guardando una partita della Roma al campo del Testaccio ci fu una vera e propria protesta perché venne esposto un cartellone pubblicitario. Fu quasi un insulto. Poi, è stata una continua ricorsa, è finito il semidilettantismo e il calcio è cambiato. Quello che succede oggi è figlio delle scelte di allora». E ora? Che cosa si può fare? «Non lo so. Ma penso che il calcio adesso si possa riprendere». E secondo lei Berlusconi ha fatto bene ad intervenire? «Posso essere sicuro di una sola cosa: non lo invidio. Però non credo che il governo potesse restare a guardare».