Il Tour in tasca
A meno che non cada oggi a Parigi e sia costretto al ritiro, stasera l'americano potrà fregiarsi di quel record appartenuto finora al solo Miguel Indurain, e da domani potrà iniziare a pensare a come batterlo, quel primato, a come vincere per la sesta volta nel 2004. Il texano aveva 1'05" su Jan Ullrich alla partenza da Pornic, quindi, essendo in crescita rispetto alla prima crono (quando perse 1'36" dal tedesco), poteva legittimamente essere fiducioso sulle sue possibilità di respingere l'attacco del rivale, anche se si sa, «il Tour finisce ai Campi Elisi» eccetera eccetera. Giove Pluvio, assente per tutta la durata del Tour, ci ha tenuto a dire il penultimo giorno, proprio quando sarebbe stato il caso che non si presentasse. Ma deve ancora nascere quello che farà ragionare le nuvole, che così ieri si sono addensate lungo la strada tra Pornic e Nantes, e hanno scaricato un nubifragio sul percorso della cronometro decisiva. Un fiume di 49 km ha accolto i corridori che si avvicendavano sul trampolino di lancio, ed è stato, questo, un fattore tutt'altro che secondario. Intanto perché Ullrich è caduto, scivolando al km 35, e ciò ha definitivamente spento le speranze del tedesco, che comunque aveva fin lì dimostrato di non riuscire ad avvicinare più di tanto la maglia gialla. E poi perché proprio il fondo bagnato ha danneggiato più l'inseguitore che l'inseguito: Armstrong ha di suo una migliore tenuta di strada, inoltre ha montato sulla bici dei tubolari più larghi (e quindi più stabili) di quelli di Ullrich, il quale, dovendo giocarsi il tutto per tutto, ha optato per dei materiali più «veloci» anche se più rischiosi. Sull'asfalto asciutto Jan sarebbe stato più temibile. Ma tant'è, la pioggia c'era e quindi bisognava farci i conti. Ullrich è partito fortissimo, dando 6" a Lance nei primi 2 km. Ma ad Armstrong serviva solo il tempo di prendere le misure alla strada e all'avversario. Dal secondo km al quindicesimo l'americano recuperava lo svantaggio, e tagliava il traguardo volante con l'identico tempo del tedesco (15'42"). Subito dopo Armstrong addirittura allungava, e a metà gara aveva 5" di vantaggio su Jan. A quel punto si era capito che il Tour era finito. Ma Ullrich si riprendeva, e tornava in vantaggio (di 2") al secondo rilevamento cronometrico, al km 32,5. Nell'altra crono Jan aveva scavato il grosso margine su Lance negli ultimi 20 km. «Hai visto mai che anche stavolta...», ma il dubbio si strozzava in testa subito, al km 35, quando Ullrich perdeva il controllo della bici, scivolata via chissà perché (una macchia d'olio? un impercettibile scarto? un movimento inconsulto?) non in curva, ma su un rettilineo (prima di una rotonda). Caduto Ullrich, Armstrong si fermava. Non per cavalleria, per ripagare il gesto di Luz Ardiden. Ma perché aveva capito che non c'era più bisogno di forzare, non doveva più rischiare nulla, tanto Ullrich (che nello scivolone una trentina di secondi se li era giocati) non l'avrebbe più ripreso. Con Lance ad andatura di crociera, e Jan impaurito sulle ultime curve, sono tornati a galla nel finale Millar ed Hamilton, precedentemente in ritardo. Il britannico ha vinto la tappa (per la prima volta in una crono lunga al Tour), l'americano è giunto secondo ma, quel che più importa, ha scavalcato i due baschi dell'Euskaltel (Zubeldia e Mayo) installandosi al quarto posto in classifica. Basso ha tenuto benino, e senza problemi si porta a casa il settimo posto dopo l'undicesimo del 2002: il trend è di crescita. Bruseghin è risultato il migliore italiano nella crono (decimo a 1'26" da Millar) malgrado un capitombolo (tra gli altri caduti, Peschel si è fratturato una costola ma è arrivato ugualmente al traguardo). Oggi la passerella finale porterà la carovana a Parigi (partenza a Ville d'Avray, 152 km). I Campi Elisi attendono di incoronare per la quinta volta il cowboy americano.