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Parla Gianfranco Iacomelli, il medico della Nazionale che ha salvato la vita al nuotatore colto da malore durante una gara di Coppa Comen in Marocco

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«Eroe? Ho fatto solo il mio dovere»

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È stato invece un gesto eroico (come riportato nell'edizione di ieri) probabilmente a salvare la vita ad un giovane nuotatore della Nazionale di nuoto durante la finale dei 1500 alla Coppa Comen di Casablanca. Ma l'incidente in Marocco, il mancato intervento degli operatori di bordo vasca, riapre il discorso relativo alla sicurezza. È semplicemente assurdo quanto accaduto a Casablanca. Un ragazzo di 15 anni che improvvisamente si blocca a poche bracciate dalla virata dei 500 metri. A bordo vasca si trattiene il respiro, sono attimi di terrore. Le grida della gente assiepata sulle tribune non sono però bastate a indurre i medici del bordo vasca ad intervenire. Trenta lunghissimi, interminabili secondi, con quel ragazzo che non dava segni di vita, mentre paradossalmente la gara continuava. «Mai visto in tutta la mia carriera di atleta scene simili», ripeteva Manuela Dalla Valle, oggi capo delegazione della Nazionale Giovanile di nuoto. Bastava un defibrillatore in campo per salvare Foè. A Casablanca c'è voluto invece un gesto eroico del dottor Gianfranco Iacomelli, medico federale, per salvare la vita a quel ragazzo. «Sono stati momenti difficili - spiega il tecnico azzurro Maurizio Coconi - In un primo momento abbiamo pensato ad un dolore muscolare, ad un crampo, ma col passare dei secondi si è capito che qualcosa non andava. Una situazione inaspettata perché il ragazzo stava andando bene. Ma nessuno dal bordo vasca è intervenuto. Hanno sottovalutato la situazione. Non ci fosse stato il nostro medico... Iacomelli è stato bravissimo, un gesto encomiabile. Ma quanto spavento». Il dottor Gianfranco Iacomelli, medico della nazionale Giovanile, non si sente però un eroe. «Ma quale eroe, ho fatto quello che avrebbe fatto qualsiasi padre di famiglia, non scherziamo - dice il medico azzurro prima di lanciare una stilettata al comitato organizzatore - Piuttosto, perché i medici di bordo vasca non sono intervenuti prima? Ero in tribuna insieme al resto della squadra azzurra. All'improvviso, poco prima della virata dei 500, il nostro ragazzo si è fermato. Ho pensato ad un crampo, ma non tirava su la testa che invece era risucchiata sott'acqua. Sono stati secondi di terrore, i genitori accanto a me erano in preda al panico, tutti che gridavano, ma nessuno dal bordo vasca che si decideva ad intervenire». Per fortuna ci ha pensato lei. «È stato un attimo. Non potevo scendere le scale, perché avrei perso troppo tempo e allora mi sono buttato giù dalla tribuna e mi sono gettato in acqua tutto vestito, mentre la gara paradossalmente continuava. Poche bracciate e ho raggiunto il ragazzo e sono riuscito a portarlo a bordo vasca. Gli ho prestato le prime cure e solo allora ho visto comparire la dottoressa di servizio in piscina, ma ormai non ne avevamo più bisogno. In infermeria il nostro atleta si è ripreso, ha avuto un nuova ricaduta ma col sostegno dell'ossigeno e di un massaggio toracico si è definitivamente ripreso. Sono felice per come è finita, ma ancora oggi continuo a chiedermi perché si è arrivati a quel punto. Il mio intervento poteva risultare del tutto inutile ed una manifestazione sportiva trasformarsi in tragedia per la negligenza degli addetti al piano vasca. L'altro nostro ragazzo che era impegnato nella gara è uscito dall'acqua piangendo perché pensava che il compagno fosse morto. Non si fa così. La gara doveva fermarsi. Per poco altri nostri ragazzi non sono venuti alle mani con gli organizzatori, insomma una brutta esperienza per fortuna a lieto fine, ma che deve indurci a riflettere. La negligenza a volte fa più danni delle bombe. Alla fine i tifosi presenti mi hanno tribunato un lungo applauso, ma il sorriso di quel ragazzo ha un valore così grande che nessuna medaglia riuscirà a compensare». Intanto il giovane atleta è tornato a Roma con la squadra e sottoposto a nuovi accertamenti alla Medicina Sportiva. «Sta b

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