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di PIER ANTONIO LACQUA PARIGI — Che cosa l'ha ucciso? Ed è giusto andare avanti con ...

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Un dramma vissuto dai tifosi in diretta tv, sul canale Eurosport. Un dramma che si è arricchito di un dettaglio-choc: durante l'intervallo Foè, un gigante di un metro e novanta di altezza, ha spronato i compagni a lottare fino al sacrificio supremo. «Ragazzi - avrebbe detto - dobbiamo vincere questa partita anche se volesse dire morire sul campo». L'emozione è ovviamente tanta: il centrocampista, in forza ad una squadra inglese (il Manchester City), era un beniamino del pubblico francese. Lo conoscevano bene grazie al suo passato nell'Olympique Lione e nel Lens. Con il passare delle ore l'emozione ha lasciato però il campo ad una serie di domande. Innanzitutto: perchè il decesso? C'entra l'ondata di caldo? Ha avuto un ruolo l'usura cui sono sottoposti ormai i professionisti del pallone costretti ad un ritmo infernale di partite? C'è un rapporto con la gastroenterite che lo tormentava negli ultimi giorni? Al momento l'autopsia, effettuata ieri mattina all'istituto medico-legale di Lione, non ha risolto il mistero: «nessun elemento determinante» sulle cause del fulmineo dramma è emerso e si dovrà quindi procedere a più minuziosi esami, anche tossicologici. Per Jean-Marcel Ferret, medico della nazionale francese, è molto probabile che la causa sia la rottura di un aneurisma e cioè di una vena dilatata: «Il suo è stato un coma di tipo neurologico più che cardio-vascolare». La questione più controversa riguarda la conclusione della Confederations Cup: malgrado il lutto, il Camerun l'ha spuntata sulla Colombia per uno a zero e si è così qualificato per la finale contro la Francia di Santini. L'appuntamento è per domani sera a Parigi, Stade de France. All'inizio i giocatori della squadra africana hanno tentennato ma il presidente della Fifa Joseph Blatter è partito a passo di carica con il leit-motiv che «il gioco deve continuare, non lo show ma il gioco». «In altri sport ci sono state grandi tragedie, ma non per questo si sono fermati», ha detto dopo un incontro con i giocatori camerunensi. «Successe lo stesso alle Olimpiadi del 1972 a Monaco - ha ricordato Blatter omettendo che in quel caso proseguire i Giochi significò non cedere al ricatto del terrorismo anti-israeliano -. Io c'ero, e me ne rammento bene. Fu una tragedia immane ma si decise di andare avanti per dimostrare che lo sport fa parte della vita e che bisogna continuare». Alla fine i «leoni indomabili» hanno detto sì: domani scenderanno in campo. Lo faranno «in omaggio» per il compagno deceduto, al quale il ciarliero Blatter vuole dedicare la prossima edizione della Confederations Cup e la città di Lione uno stadio. Anche i Bleus sono stati all'inizio molto incerti («Se fosse toccato a uno di noi non giocheremmo», ha tagliato corto William Gallas mentre il capitano Marcel Desailly annuiva) ma si sono poi rimessi alla decisione degli avversari. «Se loro lo vogliono scenderemo in campo con molto entusiasmo», ha sottolineato il difensore Mikael Silvestre, per il quale sarebbe ad ogni modo «aberrante» se la volontà di proseguire fosse per caso imposta da «imperativi commerciali».

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