Il più grande marcatore di tutti tempi ha annunciato il ritiro dall'attività
Oscar, il Pelè del basket ha detto basta
Almeno così sembra, visto che nei suoi quarantacinque anni di vita Oscar Schmidt, il più forte giocatore brasiliano di tutti i tempi, il Pelè della palla a spicchi, aveva annunciato il suo ritiro almeno tre o quattro volte. Nemmeno il mito Michael Jordan poteva contare una sequela di addii, poi smentiti, così lunga. Ma Oscar è diverso, perché ha sempre voluto sfidare gli altri e sé stesso. Come quando giunse in Italia, chiamato da quell'allenatore giramondo che è Boscja Tanjevic. Lo portò nel laboratorio-Caserta, dove Oscar, protetto dal presidente mecenate Maggiò, insegnò ai bambinelli Gentile ed Esposito la grande arte del tiro. Quella che per lui è stato un autentico marchio di fabbrica. Bottini clamorosi, spesso i 50 punti sfiorati o addirittura superati, per far crescere quella pattuglia di scugnizzi che poi, una volta affrancati dal coach e dal brasiliano-tutor a cui rubarono l'arte di far canestro sempre ed in ogni modo, vinsero lo scudetto più a sud che la storia del basket ricordi. Intanto lui, per terminare la sua parentesi italiana era passato nelle fila dell'allora Annabella Pavia. Un paio d'anni con un giovane coach, Attilio Caja, che non ha più scordato le lezioni professionali di Oscar. «Pochi come lui avevano la cultura dell'allenamento» ha detto più volte il piccolo domatore. Tesi che lo stesso Oscar durante la conferenza stampa d'addio, al limite delle lacrime di commozione, nella sede del Flamengo ha confermato. «Vi capiterà sicuramente di vedere molti giocatori migliori di me. Però non vedrete mai, nè troverete nessuno che si sia allenato tanto è che abbia dimostrato la stessa ostinazione per giocare bene come il sottoscritto». Ed è stata quest'innata voglia di perfezionarsi a tutti i costi che l'ha reso unico ed idolatrato da tifosi e rispettato dagli avversari che su qualunque campo, ad ogni latitudine, lo hanno sempre accolto con gli applausi che merita un fuoriclasse. Tornato in Brasile, nelle fila del Flamengo, ha poi coronato il suo sogno. «Nella mia nazione - ha detto Oscar - sono riuscito a giocare assieme a mio figlio Felipe. Ora spero di avere più tempo per dedicarmi a mia moglie e alla mia famiglia». Sarà veramente così? Lui lo ha affermato, ma c'è qualcosa che insospettisce. Perché, secondo i calcoli che solo lui può aver diligentemente tenuto, Oscar Schmidt, la mitraglia verde-oro, sarebbe a soli trecento punti dal toccare i 50.000 realizzati in carriera. Questo mettendo assieme la valanga di canestri con le casacche dei club e quelle nella nazionale carioca. Ed allora il dubbio sorge spontaneo. Sarà capace Oscar di lasciarsi sfuggire questo record storico? «Questa volta smetto veramente, anche se è difficile dire basta alla cosa che più mi piace fare» ha replicato. Ma quei trecento punti di distanza dall'entrare nella storia un dubbio lo lasciano. In fondo, con le medie di Oscar, potrebbero bastare una decina di partite per toccare i 50.000. E poi le scarpette potrebbero esser finalmente appese al chiodo.