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Pare che le sventure interiste dipendano dai giornalisti, troppo ignoranti per non trasformare nel gioco ...

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Pare che Hector Cuper venga esonerato causa una cultura sbagliata, risultando gravissima ogni sua responsabilità solo dentro i processi biscardiani. Lo dice Ancelotti, superstite forse miracolato dopo quell'arrembaggio verso Abbiati, senza raddolcire Moratti e Tronchetti Provera, già orientati su Roberto Mancini. Cari laziali, l'amputazione dolorosa s'avvicina, nonostante Pressing Champions League accolga le proteste del finalista rossonero prima dei provvedimenti nerazzurri: «L'allenatore argentino ha lavorato bene e non meriterebbe d'andare via. Bisognerebbe recuperare serenità, ma questa Milano rovina pure gli appuntamenti prestigiosi. Basta pensare all'accanimento anticipato nei nostri confronti, quasi una specie di roulette russa che rendeva crudele la festa calcistica. Quando tornerò sotto al capestro, appena evitato?». Il furore corporativo di Carlo Ancelotti trascura particolari importanti, salvo trovare in Massimo De Luca (look comunque impeccabile) analogo sdegno per certi opinionisti sopra le righe. Particolari così riepilogabili: qualsiasi grande club arricchisce lo stratega assunto, con l'unico obiettivo di vincere; Galliani ha ribadito, durante l'ultimo mercato estivo, trasfusioni miliardarie (gli acquisti di Nesta, Rivaldo, Tomasson, ecc.) senza impedire lo strapotere juventino in campionato; Moratti vede trionfare gli altri da quattordici stagioni, sprecando ingenti fortune dietro chimere irraggiungibili; Cuper può giusto allungare la lontananza cronica dai traguardi auspicati. Quale scempio mediatico sta danneggiando allora l'opulenza meneghina, mentre Roma e Lazio sembrano - nelle trasmissioni più gettonate - solo colonie ai confini dell'impero? Ascoltando la Domenica Sportiva, i bistrattati rugantini apprendono che giusto Capello o Mancini sapranno restituire al petroliere perdente gli entusiasmi eventualmente svaniti. Però «Mancio» figura in pole position; anzi, desiderato addirittura sulla sponda opposta, da quanti attendono al varco Ancelotti, mercoledì 28 maggio. Poi, l'esteta Arrigo Sacchi cerca eufemismi sull'orribile non gioco arrangiato nella gestione cuperiana, dimenticando gli sbadigli provocati dal suo Milan contro il Medellin (Coppa intercontinentale-1989) e successive nefandezze d'una nazionale zonarola spesso salvata da Roby Baggio. Poi, piangono ancora sullo scudetto evaporato dodici mesi fa, il mesto comico Bertolino, Corno, Bellugi, Mosca, Mannoni e lo scrittore Severgnini, calamitando puntualmente la solita delusione memorizzata da poco a San Siro. Ne deriverebbe l'esigenza d'oscurare voltagabbana sfigati e adulatori smentiti, non meno irrimandabile dell'avvicendamento tecnico cui assisteremo sgomenti. Perché passata la sbornia degli anomali successi capitolini, reputiamo mortificante immaginare Mancini (o Capello) subito sottomesso alle tentazioni irresistibili. Scoccata l'offerta, ci garantiscono, l'artefice dei prodigi laziali si precipiterà a destinazione senza impacci..Possibile? E come reagirà Luca Baraldi, che vagheggiava un risanamento affidato agli estri dell'artista di Jesi? E da chi ricominceranno i nuovi proprietari, volendo supporre l'epilogo felice nel caos finanziario di Formello? Schivati questi molesti quesiti, nei programmi radiotelevisivi e sui giornali tiene banco l'annuncio che Mancini guiderà l'Inter, superato Fabio Capello allo sprint. O viceversa. Infatti nulla osta quando Massimo Moratti volta pagina.

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