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«Peccato solo per la mia barba»

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Personaggio schivo, Felix Mantilla, quasi un antieroe, ma comunque una bella persona: «Non importa se i miei connazionali vanno sui giornali. A me non interessa fare pubblicità. Voglio giocare a tennis e, quando smetterò, dedicarmi alla mia vita personale». Una lunga storia tennistica, quella di Mantilla, semifinalista al Roland Garros '97 e poi operato alla spalla: «Non pensavo di poter tornare forte dopo l'intervento chirurgico. Ma il mio coach e il mio preparatore mi dicevano che potevo farcela. Gli ho dato retta. Dopo aver perso da Ferrero per 7-5 al terzo a Montecarlo ho capito di poter risalire la china. Ho cambiato racchetta, adesso sento meglio la palla, tiro più forte. Dopo aver perso a Barcellona con Kuerten, ho fatto una scommessa col coach, Munoz: mi sarei fatto crescere la barba e non l'avrei tagliata finchè non avessi vinto un torneo. Adesso che ho trionfato a Roma, dovrò radermi. Peccato, perchè somigliavo a Tom Hanks, anzi no, a Russel Crowe, come mi ha chiamato il pubblico. Meglio così, Crowe è anche più bello». Dopo aver vinto, lo spagnolo si è presentato alla premiazione con una maglietta con un dipinto di Raffaello: «Me l'ha regalata la mia ragazza venerdì scorso, per festeggiare i tre anni di unione. Non è venuta qui a Roma e ho voluto fargli una sorpresa. Questa vittoria è la più importante della mia carriera. La dedico al pubblico, fantastico, al mio attuale coach, Munoz, e al preparatore atletico. Ma non voglio dimenticare il mio vecchio allenatore Jorge Pilado, è stato un secondo padre. Dove ho vinto? Federer ha giocato bene, non sfruttando troppe occasioni. Sono stato fortunato e bravo, perchè l'ho tenuto lontano dalla rete. Il Roland Garros? Ho fiducia». Amareggiato Federer: «Mi sento frustrato. Ho avuto tante palle-break, che però non ho sfruttato. Pensavo di giocare bene, andavo in vantaggio, ma poi lui recuperava. Giocavo contro un muro, tornavano indietro tutte le palle. Mantilla ha meritato più di me».

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