Fiorentina, a maggio contesa per il marchio
Se la Florentia si aggiudica l'asta potrà iscriversi al campionato di C1 con i colori viola
È quanto precisa il giudice delegato per il fallimento della vecchia società viola, Raffaele D'Amora, intervenendo sulla questione del marchio viola, senza però voler commentare le dichiarazioni di Diego Della Valle sul prezzo base fissato e del sindaco Leonardo Domenici sulla necessità della vendita all'incanto. «Non abbiamo potuto fissare prima l'asta - spiega D'Amora - perchè erano ancora in corso attività preliminari nell'ambito del procedimento fallimentare. Abbiamo poi deciso la data del 15 maggio per dar modo, in caso di aggiudicazione alla Florentia, di potersi iscrivere al prossimo campionato come Fiorentina. E questo è stato deciso in rispetto alla citta». D'Amora precisa infatti che non c'è stata alcuna fretta in relazione alla discussione della legge Spini: «Essendo il fallimento già aperto - spiega - la nuova normativa non avrebbe riguardato la Fiorentina». L'asta per la vendita del marchio è stata ritenuta dal tribunale la procedura che offriva più garanzie. Il bando prescrive che gli acquirenti presentino in busta chiusa - per motivi di privacy, allegando anche una fideiussione generale a garanzia della cifra offerta - un prezzo che non potrà essere inferiore alla base d'asta fissata in due milioni e mezzo di euro. Nel caso siano presentate più offerte si procederà all'asta, che avrà come base l'offerta più alta proposta dai concorrenti, che potranno tutti rilanciare. Se la vendita all'incanto dovesse andare deserta il 15 maggio prossimo, il tribunale deciderà se procedere ad una seconda asta o scegliere anche una nuova procedura, come la trattativa privata, per vendere il marchio, il cui ricavato dovrà servire a far fronte ai debiti lasciati dalla vecchia società, come la palazzina di piazza Savonarola, ad esempio, la cui vendita richiede tecnicamente tempi più lunghi. Sulla fissazione del prezzo base del marchio è stato deciso di non procedere più ad una perizia, come stabilito dal primo giudice delegato del fallimento, Sebastiano Puliga, perchè il marchio non è considerato un bene immobile con un mercato vasto, ma ha un valore che si determina in relazione alla ristretta cerchia di acquirenti interessati.