di RINO TOMMASI LA LEGA Calcio cerca di difendersi.
Si ricorda, tanto per fare un esempio, il caso del Napoli che aveva un regolare contratto con Tele+ per una cifra di 18 miliardi di lire. Stream, appena nata e quindi desiderosa di allargare il suo bacino di utenza, offrì al Napoli 60 miliardi ed il club partenopeo non ci pensò due volte per accettare. Tele+ si rivolse al tribunale ma perse perché il giudice stabilì che la società aveva abusato di posizione dominante. Il nuovo accordo non portò fortuna al Napoli e di conseguenza a Stream perché le due retrocessioni hanno ridotto l'interesse per la squadra ma questa è un'altra storia. La maggiore preoccupazione della Lega e soprattutto dei club più piccoli non riguarda soltanto di avere ora un solo interlocutore ma anche che Sky abbia già sottoscritto onerosi contratti con i tre club più importanti (Milan, Inter e Juventus) ed abbia intenzione di offrire le briciole alle altre, avendo magari un occhio di riguardo per la Roma. In questo scenario non sorprende che la Lega abbia rispolverato un progetto che sembrava potesse prendere corpo nel settembre scorso e cioè che voglia realizzare una propria piattaforma televisiva e produrre in proprio la trasmissione delle partite. Progetto ambizioso ed affascinante ma non facile. Quando Tele+ ha cominciato a trasmettere le partite nel 1993 era già operativa da due anni, aveva una struttura, una rete di giornalisti e di tecnici di provata esperienza. Adriano Galliani, il presidente della Lega ma già dirigente di Tele+, questi problemi li conosce benissimo ma i suoi colleghi non sanno probabilmente da che parte cominciare. Sul problema dei diritti televisivi del criptato c'è un grosso equivoco. Una loro equa distribuzione (per equa intendo in parti uguali) avrebbe consentito di riequilibrare, almeno parzialmente, le enormi differenze economiche determinate dalla diversa dimensione dei club partecipanti al nostro campionato. Nello sport professionistico è fatale che i più ricchi vincano di più. Lo sta dimostrando anche questo campionato nel quale, non a caso, troviamo ai primi posti della classifica quattro dei cinque club che erano favoriti alla vigilia (le due milanesi, le due romane e la Juventus). Gli americani, che conoscono lo sport e la televisione meglio di noi, dividono da sempre in parti uguali i proventi della TV e questo principio consente a club di piccole e medie città di confrontarsi con New York, Los Angeles e Chicago. Non è un caso che 58 dei 70 scudetti assegnati da quando la serie A si disputa a girone unico siano stati vinti dalle squadre di tre città (Milano, Torino e Roma). Ora la soggettività dei diritti televisivi del criptato ha dilatato le differenze di base in modo irreparabile per cui da anni assistiamo ad un campionato che in realtà è diviso in due perché a vincere ed a retrocedere sono sempre le stesse. Sull'ipotesi che la Lega riesca a creare una piattaforma televisiva autonoma ho molte riserve ed escludo che in ogni caso ci riesca per la prossima stagione. Tra l'altro siamo sicuri che i grandi club abbiano tanta voglia di imbarcarsi in un'avventura del genere, visto che la situazione attuale è per loro estremamente vantaggiosa?