Mezza Italia stasera tifa Roma

Moratti lo spera in modo meno impudente, pure perché il blitz clamoroso al "delle Alpi" rafforzerebbe i suoi orientamenti verso Capello, volendo pronosticare Cuper sempre sfigato ai totali. Ma oltre gli interessi specifici, basta non essere juventini stasera per vagheggiare una sola soluzione che restituisca fascino al campionato, già tramortito soprattutto dalla troppe omissioni dei rivali attardati. E basta fidarsi dell'aprile giallorosso, quasi catartico, dopo tante amarezze, cui l'accoppiata Totti-Montella (appena ricostituita) forse aggiungerà impennate emozionanti nella vera matrigna d'ogni partita omologata dentro i nostri stadi. Certo, non balla fra nobili bianconeri e ribelli romanisti la posta scudetto dei bei tempi andati, salvo ammettere che questo improvviso ruolo da guastafeste intriga perfino i magazzinieri di Trigoria, lavoratori ruspanti spesso legati al presidente Sensi nel ciclopico tentativo di riequilibrare il potere calcistico. Certo, sarà pelosa la simpatia lombarda di circostanza, mentre strariperebbe genuina l'ammirazione degli sportivi neutrali qualora l'organizzazione sfidante lacerasse l'orgoglio subalpino a sei turni dall'epilogo. Facile immaginare mezza Italia impegnata nello spostamento dei fluidi e nelle gufate televisive chissà quanto efficaci, non appena provenissimo dal bottino pieno tanto milanista quanto interista, come auspicano gli amanti del thrilling sparpagliati sul territorio. Facile prefigurare lo sgomento di Bettega e degli altri discendenti da Ferraro di Ventimiglia (o da Barel di Sant'Albano), non appena balenasse lo psicodramma lippiano sotto l'ispirata regia griffata Emerson e con la benedizione degli astri prepasquali. Chi correrebbe nei paraggi di Palazzo Bricherasio per annunciare che la Signora- mito è crollata, causa il vuoto incolmabile lasciato dal fragile Trezegol? Chi avrebbe cuore d'annunciare riaperti i giochi, quasi sospettando l'avvio d'un impercettibile declino determinato dalla recente scomparsa di Gianni Agnelli? Il pragmatico Lippi tocca ferro, ripetendo che restiamo nella norma visto che la sua gloriosa squadra non ha mai ricevuto regali dagli antagonisti e dal destino. Osservazione storicamente opinabile, tranne salvaguardare subito rispettosi la supremazia juventina d'annata, assolutamente legittima e scaturita dai prevalenti demeriti rintracciabili altrove. Comunque la Roma pretenderebbe stavolta risarcimenti morali, cioè la possibilità di chiarire che occupa in graduatoria una posizione falsa pure per arbitrataggi iniqui. Ci riuscirà, sospinta da occasionali alleanze nazional-popolari? La spensieratezza acquisita accresce il suo spessore tecnico-tattico, a dispetto delle assenze di Samuel, Cafu e Candela. Il suo valore collettivo pare addirittura dilatarsi in rapporto al fiato grosso e alle ruggini degli juventini, razza padrona abilmente puntellata dal lavoro mediatico di Moggi in qualsiasi trasmissione. Poi, l'episodio cruciale farà probabilmente aggio sugli umori che s'addensano nell'etere e precipitano dagli spalti; poi, toccherà al solito carattere dei pluridecorati arginare i desideri opposti e vanificare l'assalto puntando sul furore dei dioscuri Davids- Nedved, trascinatori collaudati in emergenze problematiche. Perché Del Piero sembra ancora annaspare là davanti, come il rampante Di Vaio. Perché peserà parecchio la squalifica di Zambrotta, propulsore miracoloso nel pareggio mozzafiato di domenica scorsa. Perché tutti gli antijuventini, anime oppresse dalla vita e dalle tribolazioni dei piedi, si mobiliteranno quasi andassero psicologicamentee alla conquista del Santo Sepolcro. O verso la caduta ipotizzabile dell'impero juventino, dove vigilano sempre santi e beati in numero ragguardevole. Dove giusto un Capello rilanciato dalla finale di Coppa Italia, potrebbe provocare danni per ravvivare il suo prestigio e placare Franco Sensi. Anche senza v