Stasera all'Olimpico derby di ritorno della capitale per la semifinale di Coppa Italia
Poi, fuori causa pure Cafu, l'eversore Montella andrà forse in panchina, quasi a rafforzare fra poco le certezze biancocelesti nonostante il penalizzante 1-2 che andrebbe quanto meno restituito, senza temere vani sprechi d'energie supplementari. Ma volendo immaginare il derby n. 151 in modo equilibrato, prevalgono soprattutto gli affanni giallorossi dopo una stagione rovinata su altri versanti causa inadempienze tecniche e soprusi ricevuti. Resta la coppa Italia, rituale sollievo dei grandi club quando gli obiettivi prioritari sono svaniti; quando i disincanti (rimorsi?) tirano verso il fallimento tanto sportivo quanto finanziario. E, nello specifico, resta un appuntamento serale amplificato dalla solita passione rugantina, epicentro d'umori capace d'amplificare o d'inventare il pathos perfino sopra avvenimenti oggettivamente non straordinari. Perché solo Roma decide, dentro lo stadio Olimpico, l'appeal d'una partita prescindendo dalla posta in palio e dai collegamenti televisivi più o meno planetari. Perché giusto la nostra tifoseria determina la temperatura bollente di qualsiasi adunata capitolina, attirando addirittura l'ironia di quanti ritengono degradata l'infrasettimanale manifestazione dei delusi. Vogliamo dunque smettere di definire "portombrelli" l'ultimo trofeo di ogni annata calcistica? Vogliamo rispettare gli spalti gremiti e ascoltare Fabio Capello mentre sottolinea l'urgenza romanista di centrare il bersaglio minimo? Facile condividere: sfrattando la Lazio, lo stratega goriziano avrebbe pressoché garantito il posto-Uefa nelle prossime hit-parade europee, salvo fiutare buone speranze d'aggiungere qualcosa nella bacheca dei ricordi, a Trigoria. E nemmeno i detrattori accaniti commisererebbero Franco Sensi, in presenza d'una finale (di coppetta) Roma-Milan. Così, tocca attendere accorati l'imminente verdetto e sventagliare elogi sulle ripartenze biancocelesti, prerogativa tattica molto temuta nell'accampamento dei favoriti a dispetto degli acciacchi che tormentano Corradi. Esagerazioni? Nossignori, replica Mancini in un rapporto dettagliato dove affiora anche il rimpianto di non disporre di calibri come Peruzzi e Stam nella sfida decisiva. Sfida stregata, con una sindrome-derby da debellare e con un ribaltamento da cercare comunque per puntellare meglio la leadership su piazza già sancita in campionato. E se non credete, chiedete ragguagli al gitano Mihajlovic, ancora stranito dal rigore-vittoria sbagliato nella prima gara d'andata, forse una sventura balististica che ha reso meno radioso il boom biancoceleste. Però adesso è inutile recriminare, visto che basterebbe reggere l'urto sfrontato dell'accoppiata Totti-Cassano, ammesso che Capello non lanci immediatamente l'aeroplanino (sette reti anti-Lazio memorabili!) escludendo Cassano dalla formazione d'avvio. Però diventa facile prevedere una Roma circospetta, che intenderà gestire il vantaggio fra i reticolati centrocampistici e aggredire gli spazi eventualmente sguarniti da avversari obbligati a prendere l'iniziativa. Altrettanto evidente la scarsa brillantezza di Stankovic e degli altri assi laziali, dopo la batosta portoghese e il pareggio scialbo sradicato a Modena. Come se Mancini avesse smarrito i migliori automatismi e la rapidità corale in dirittura d'arrivo, cioè prima del sospirato raccolto. Come se le travagliate vicende societarie e le sirene interiste turbassero l'ambiente di Formello, finora protetto dall'orgoglio dell'appartenenza. Stasera verificheremo. Stasera Marchegiani, Pancaro, Negro e Favalli lotteranno per risultare la base rassicurante dell'impresa riabilitante. Non è vero che centellineranno gli sforzi, saziati da una quarta posizione in serie A che pare garantire all'ammistratore Baraldi i preliminari di Champions League. Non è vero che delireranno meno dei rivali di città, in quanto già gratificat