Lazio, 110 milioni di speranza
Il giorno della verità ha regalato la notizia più attesa: la ricapitalizzazione è stata deliberata, 110 milioni di euro per sanare la pesante situazione debitoria che attanaglia il bilancio biancoceleste e disegnare le linee del futuro. Prima dell'approvazione definitiva è stato anche materialmente abbattuto il capitale (a oggi sceso a 3,1 milioni) per assorbire le perdite (che si aggirano intorno ai 200 milioni): un'operazione già stabilita da un Cda di antica memoria e formalizzata nella decisiva assemblea degli azionisti in programma a Formello. Formalità necessaria per deliberare la ripartenza. L'aumento di capitale, infatti, è stato varato, anche se tra dubbi ed enigmi ancora insoluti. La svolta potrà essere materializzata entro il 30 settembre: sei mesi per coltivare la speranza di reperire un acquirente che sappia regalare certezze. «Sarà una ricapitalizzazione flessibile», ha sottolineato Luca Baraldi, probabilmente da effettuare in due fasi: subito 50 milioni, più avanti la residua cifra. L'aumento potrà effettuarsi anche con la compensazione dei crediti. L'attuale consiglio d'amministrazione ha dato dieci giorni di tempo alla Cirio per risolvere la situazione delle azioni. Rimane infatti in sospeso il discorso relativo al valore nominale da attribuire alle quote che finiranno sul mercato(oltre all'advisor Livolsi per il collocamento servirà l'ok di una banca: si cerca di coinvolgere Mediocredito): il colosso agroalimentare cercherà di tutelare i propri interessi fino all'ultimo, l'ha ribadito anche ieri al termine di un Cda infinito che si è dato appuntamento nella prossima settimana per definire la questione. Cragnotti dichiara di non voler intralciare il piano-Lazio (anche se non ha perso le speranze di rientrare in pista con un partner) ma chiede che il prezzo delle azioni sia più alto dello 0,02 euro fissato dalle banche per rispetto nei confronti dei vecchi azionisti. Capitalia non ha alzato il tiro: punta a un'intesa intorno ai 0,10, Cragnotti chiede 22 centesimi, si troverà un compromesso. Questo il senso della giornata, affidato alle parole del presidente Longo. «C'è unanimità di consensi, il pessimismo è superato: siamo soddisfatti». Sintetico e ottimista. E poi al termine del Cda s'è almeno scongiurata l'ipotesi delle dimissioni avanzata da Baraldi e Pessi, spia d'un allarme rientrato. Almeno per il momento. Lo scheletro dirigenziale continuerà a traghettare la Lazio verso la definizione d'un piano che appare esaustivo in chiave teorica ma ora deve trovare attuazione nella pratica. Le risposte definitive si dovranno inseguire dopo la ricerca di un compratore, che al momento non c'è, anche se «ci sono stati contatti con gruppi importanti», come ha enfatizzato Baraldi, che punta a coinvolgere il mondo imprenditoriale in un progetto che tende alla riduzione dei costi. Non si pagheranno più i manager, anzi i giocatori saranno scelti in base ai procuratori, si punterà alla conferma degli attuali campioni, altrimenti si potrà acquistare solo dopo aver ceduto. E poi ancora riorganizzazione interna, divisione in quattro della società, con strutture chiamate a interagire, tre anni di tempo per andare a reddito dopo aver cancellato le perdite. E infine l'assalto alla Champions, che porterebbe nelle casse circa 10 milioni di euro e la possibilità di veicolare il marchio, attirando anche l'interesse di sponsor (il contratto con la Siemens è in scadenza) e valorizzando il patrimonio immobiliare (Formello vale circa 26 milioni di euro). Questa la sintesi, non utopistica ma certamente ambiziosa, che fa chiaramente perno sulla rinegoziazione dell'intesa con i giocatori per la conversione degli stipendi in azioni e la decurtazione del 50% degli ingaggi con liquidazione finale spalmata nei tre anni successivi alla scadenza dell'intesa. Tutto ruota però intorno all'aumento di capitale: nei prossimi dieci giorni si dovrà risolvere la grana-Cirio. E la nuova Lazio non può prescindere da quei 110 milioni di speranza.