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Sensi come Nostradamus per stupire Capello

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E ci restituisce un polemista ancora proteso verso obiettivi privilegiati, comunque raggiungibili solo riequilibrando il potere radicato nel Palazzo del pallone. Certo, sono vecchi tormenti che l'utenza rugantina reputa ineludibili, salvo ammirare all'improvviso l'imprenditore giallorosso quando prevede profetico: «Presto torneremo stabilmente grandi, mentre Galliani dovrà lasciare la Lega il 30 giugno e gli juventini procederanno indeboliti causa la scomparsa di Gianni Agnelli. Resterebbe il mio amico Moratti, però l'Inter è stregata e non vincerà neanche questo scudetto». Chi immaginerebbe una convalescenza presidenziale così furibonda e antinordista, dopo le punizioni già ricevute (da più parti) senza tacere? Chi non vorrebbe ascoltare sempre quel Nostradamus di villa Pacelli, che schiva il traffico mediatico per affidare guizzi astrologici ai giornalisti meno visibili? Proveniente dal Novantesimo Minuto che scopiazza la Domenica Sportiva e sacrifica sull'altare-Lippi le sequenze dei gol appena realizzati, Fabrizio Maffei vagheggerà forse orizzonti radiofonici. O invidierà Caputi, cui capita se non altro un Cucci rapido nel bacchettare l'impudente Alessandro Gaucci: «Cosa cavolo vuole? A quale scopo racconta che alcuni bulli di Trigoria avrebbero insultato ripetutamente l'arbitro Saccani e il guardalinee Alvino? Vergogna, i delatori che riferiscono per sentito dire andrebbero stangati! Troppo facile infierire sui fantasmi poco prima mortificati dentro lo stadio perugino. Opprimenti rigurgiti d'una stagione dove prevalgono giusto le delusioni, rappresentate volentieri, negli spazi dedicati alla presunta decadenza dei vicecampioni uscenti. E dove Maurizio Mosca, fra i torpori di Controcampo, osa annunciare Totti acquistabile dal Milan, quasi non bastassero le smanie nerazzurre per prenotare Fabio Capello. Meglio ridere sugli oroscopi fasulli. Meglio accogliere l'arte divinatoria del nuovo Sensi, galantuomo passato con pelle di salamandra fra tribolazioni fisiche e aziendali che spaventerebbero ogni ribelle logorato da crociate impossibili. Lui resiste; anzi rilancia, nonostante detrattori visionari equiparino l'indebitamento giallorosso agli incubi laziali. Perché centoventicinque miliardi di passivo denuncia il bilancio societario, situazione pesante ma subito sanabile raccorciando un poco (all'occorrenza) le cospicue ricchezze della famiglia regnante. Eccoli allora sgomenti i gufi che auspicavano i tempi cupi, cioè l'irreversibile anonimato dell'unica alternativa futura al dominio nordista. Illusi dalle turbolenze arbitrali smistate sulla Roma, hanno ritenuto che il suo primo tifoso intendesse via via ritirarsi in buon ordine, magari puntando su un successore degno. Calcoli sbagliati, mentre Carraro, Galliani e gli altri maggiorenti avvertono rafforzato il pressing molesto del solito rompiscatole. Che prega pure l'imborghesito Capello di valere quanto costa, senza cercare alibi. I quattro innesti importanti arriveranno.

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