la polemica

Quando il Futurismo fa arrabbiare i radical chic

Francesco Puglisi

Indipendentemente dalle idee politiche, bisognerebbe plaudire alla decisione di dedicare finalmente una mostra epocale al Futurismo nel più importante museo dedicato all’arte italiana dell’ottocento e novecento, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, diretta da Renata Cristina Mazzantini. La rassegna si inaugurerà il prossimo 2 dicembre, data decisa dal Ministro della Cultura Alessandro Giuli in quanto coincidente con le celebrazioni per l’ottantesimo anniversario della scomparsa di Filippo Tommaso Marinetti, avvenuta il 2 dicembre 1944. La mostra sarà curata, con un taglio innovativo e destinato soprattutto alle nuove generazioni, dallo storico dell’arte Gabriele Simongini, esperto dell’arte del XX secolo. Saranno esposte circa 350 opere fra quadri, sculture, disegni, oggetti d’arredo, film, oltre a un centinaio fra libri e manifesti, e poi un idrovolante, automobili, motociclette d’epoca e strumenti scientifici. Eppure, i soliti benpensanti di sinistra stanno riversando sui soliti giornali anti-governativi un mucchio di critiche e falsità per sminuire questo grande evento e chiamare in causa l’ex Ministro della Cultura Sangiuliano che l’aveva voluto ed ora il nuovo Ministro Alessandro Giuli che lo sostiene. Ne parliamo con il curatore, Gabriele Simongini.

Perché tutte queste polemiche a ben due mesi dall’apertura della mostra?
«Prima di tutto sarebbe buona abitudine criticare una mostra solo dopo averla visitata e non preventivamente e pregiudizialmente in base a maldicenze e banalità. E’ evidente che questa mostra, che non avrà alcun taglio politico, viene manipolata ed usata contro l’attuale governo per cercare di dimostrare la sua presunta inadeguatezza culturale e per continuare ad attaccare l’ex Ministro Sangiuliano e magari anche il nuovo Ministro Giuli.
In realtà, la mostra non è mossa né motivata da alcun tentativo di instaurare quella che viene definita banalmente come egemonia culturale di destra.
Niente del genere, ma solo la volontà di rendere omaggio nel modo migliore al genio di Marinettie al coraggio dei futuristi che hanno influenzato tutti i movimenti d’avanguardia internazionali. Bisogna fare mostre diverse, più “popolari” nel senso più alto del termine, didattiche ed inclusive, non destinate ai soliti addetti ai lavori e ai loro riti ormai superati e polverosi. E in questo ci aiuterà molto il ciclo di talk ed eventi organizzati da Federico Palmaroli e l’installazione multimediale di Magister Art. Non va trascurato inoltre il fatto che oggi il Futurismo per molti è un business, ci sono in giro molti falsi e si viene “puniti” se si toccano interessi davvero opachi».

Perché avete scelto il titolo «Il Tempo del Futurismo»?
«Perché la mostra non è solo sul Futurismo ma anche sulla sua epoca e sulle novità scientifiche e tecnologiche che hanno portato una rivoluzione percettiva e di sensibilità senza cui non si capirebbe la rivoluzione futurista. Noi viviamo nel futuro intuito e avviato da Marinetti, Balla, Boccioni & Co., un mondo nuovo fondato fra l’altro sulla centralità della comunicazione, sulla trasversalità dei linguaggi, sull’immaterialità e sull’idea che la tecnologia muti la costituzione stessa dell’umano: la creatura che cambia il suo creatore. Non sta succedendo proprio questo con l’intelligenza artificiale?».

Uno dei più importanti quotidiani italiani ha scritto che sono saltati i prestiti dal Moma di New York e che per rimediare si attingerà alle opere custodite negli «scantinati» del museo di Valle Giulia. Possibile?
«Tutte falsità. Dal Moma di New York arriveranno eccezionalmente il primo quadro futurista di Balla, ovvero “Lampada ad arco” ed un altro capolavoro come “Sobbalzi di carrozza” di Carrà. Dal Metropolitan di New York arriverà un Autoritratto di Boccioni, da Philadelphia il “Nudo che discende le scale n.1” di Duchamp, per dimostrare che il tema del movimento interessava in quegli anni anche gli artisti non futuristi, e poi dalla Estorick Collection di Londra “Idolo moderno” di Boccioni e “Le Boulevard” di Severini, dal Kunstmuseum Den Haag de L’Aia un capolavoro assoluto come “La Rivolta” di Russolo. E potrei continuare a lungo. Naturalmente, grazie all’impegno inesausto della direttrice Mazzantini, abbiamo attinto anche agli straordinari depositi della GNAM, altro che “scantinati”.
Fidatevi, sarà una mostra davvero sorprendente».