Ligabue torna a Campovolo: "Fermeremo il tempo". Il live rock per i 30 anni di "Certe notti"
Così come in una cena di portate a sorpresa la pietanza più golosa arriva alla fine, Luciano Libague e il suo team hanno costruito un’intelaiatura di misteri che avrebbe messo a dura prova perfino Hercule Poirot e, dopo un viaggio in van (rigorosamente marchiato e oscurato), hanno sganciato la bomba. «Siamo qui per festeggiare in anticipo: il 21 giugno 2025, visto che saranno 20 anni dal primo Campovolo, 30 di “Buon compleanno Elvis” e di “Certe notti”, ci vediamo là». Lo ha annunciato il cantautore al termine di un’esibizione live e da un palco montato nella piazzola di sosta dell’Autogrill di Fiorenzuola d’Arda. In quel mitico luogo in cui, come la canzone del 1995 aveva predetto, «c’è chi festeggerà». Gli automobilisti che proprio in quel momento avevano arrestato la corsa per sgranchirsi le gambe, hanno chiesto delucidazioni per essere sicuri che non si trattasse di una bizzarra visione. La RCF Arena di Reggio Emilia sarà dunque la venue in cui l’artista, nel giorno della Festa internazionale della Musica e del solstizio d’estate, accetterà la missione di fermare il tempo con i suoi fedelissimi fan. «La notte di certe notti» è il titolo del concerto-evento a cui si accederà con un braccialetto-orologio abilitato RFID.
Video su questo argomento"Torno a Campovolo": Ligabue ferma il tempo in Autogrill. E canta "Certe notti"
L’accessorio, per il quale è stato ideato uno special packaging, dialogherà con un’app attraverso cui prenotare mezzi, area campeggio e attività di ogni genere. «Mi fa sorridere che stiamo parlando della più alta tecnologia che si possa immaginare e io mi sono appena esibito in un Autogrill», ha commentato Ligabue, che mai ha nascosto la sua misurata adesione alla rivoluzione del digitale. Il cuore della «Ligaland», una terra di divertimento e cibo buono, sarà il «Memphis boulevard». Nome, questo, in linea con il progetto dedicato a Elvis Presley. «A Nashville siamo rimasti a bocca aperta, non mi aspettavo di ricevere una botta di energia così», ha ammesso il cantautore, che proprio quest’estate ha scelto di raggiungere il Tennessee insieme al figlio Lenny, ora suo batterista ufficiale. La serata è iniziata al teatro Asioli di Correggio, dove l’artista, con i musicisti, ha «partorito» il primo dei concerti del tour che farà tappa in alcuni dei complessi architettonici più belli d’Italia. Atmosfera intima, luci soffuse e una galleria di storie e di personaggi. Dai grandi classici come «Vivo, morto o x», «Happy hour», «Tra palco e realtà» agli ultimi e già riconoscibili pezzi «Dedicato a noi» e «La metà della mela»: lo spettacolo ha trovato la sua impalcatura in un colloquio tra l’esecuzione raffinata di brani (con arrangiamenti quasi soul) e la lettura di stralci estrapolati dall’autobiografia dell’artista. Il pubblico, presto caldo, è esploso sul finale, battendo mani e piedi.
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Una dimostrazione, questa, del famoso paradosso del sociologo Simon Frith, secondo cui il talento è posseduto individualmente ma può esistere solo quando viene legittimato dagli altri. «Avremo un’ossatura stabile, ma cambieremo due o tre pezzi a sera. Mi piaceva che si riacquistasse l’idea di sorpresa», ha spiegato il rocker. In provincia i bene informati sospettavano qualcosa. Bocche cucite e fiato sospeso fino al rush finale, quando il cantante si è concesso ai giornalisti. Jeans, t-shirt nera e stivaletti: all’incontro Liga si è presentato come tutti immaginavano. Un po’ outsider e un po’ galantuomo. «Che me lo possa permettere o no, il ditino tendo a non puntarlo», ha detto con tanto di sorriso largo. Il giro nei teatri «è una sfida. Lì vincono i dettagli», ha confessato Ligabue, che a sipario alzato è sembrato però molto a fuoco e concentrato. La domanda sul possibile ritorno a Sanremo l’ha presa di petto: «Prima o poi ci devo riandare. L’ultima volta ho fatto una mezza ciofeca e mi è rimasto l’amaro in bocca». Piglio da star e anima da emiliano doc, l’artista ha setacciato i ricordi e riscoperto gemme preziose. Come quella volta in cui il padre gli ha messo la chitarra «marca Clarissa» sulle gambe, lui ha chiesto il perché e si è sentito rispondere: «La impari». L’affare, a conti fatti, non poteva essere migliore.