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Capalbio Film Festival, Margherita Buy: "Dopo la prima regia ho più stima di me stessa"

Giulia Bianconi

«Il mio primo film da regista, "Volare", ha cambiato la stima che avevo di me stessa. Ho portato in scena una mia paura, quella di prendere l'aereo, e l'ho raccontata attraverso la commedia. È stata un po' una follia debuttare dietro la macchina da presa alla mia età. C'è chi si compra la Porsche, io ho deciso di dirigere un film». Anche quest'anno Margherita Buy è la madrina del Capalbio Film Festival. E dalla terza edizione della manifestazione, che si concluderà oggi, ha raccontato com'è andata la sua prima esperienza da regista, in attesa di dirigere, prima o poi, un nuovo film. L'attrice ci ha anche parlato del momento che sta vivendo il cinema italiano: «Le produzioni sono ferme da troppo tempo ormai. Speriamo che presto si possa tornare a lavorare».

 

  

 

Buy, che esperienza è stata debuttare alla regia?
«Bellissima, anche se molto faticosa. Ho portato in scena un tipo di commedia che mi appartiene, cercando un'unicità e trattando con ironia un mio piccolo dramma a cui tenevo molto. Dirigere un film ha cambiato anche la stima che avevo in me stes sa».

Ha voglia di dirigere un secondo film?
«Le commedie sono molto difficili da scrivere, magari faccio un’altra cosa prima (ride, ndr). Anche perché per finire la sceneggiatura di "Volare"ci ho messo cinque anni. Co munque spero di continuare a far sorridere e ridere il pubblico con degli argomenti che non sono potenzialmente comici».

«Volare» è tra i diciannove titoli in corsa per rappresentare l’Italia agli Oscar 2025 come Miglior film internazionale.
«Vabbè, sono pazzi! Non credo di avere molte chance, però mi fa davvero piacere che ci sia anche il mio film, che affronta in modo divertente una problematica che forse non è così forte come altre. Però è un malessere dei nostri tempi confrontarsi con le nostre paure, cercare di affrontarle e superarle, attraverso l'aiuto e l'ascolto di altre persone, anche per non sentirsi diversi e meno soli».

 

 

A proposito di paure, la spaventa il momento di fermo che sta vivendo il cinema italiano?
«Ho molta paura. Per i giovani soprattutto, e per chi vive di questo lavoro. Le produzioni sono bloccate e le ipotesi che si fanno sembrano volerci far tornare indietro. È vero che c’è stata un’esagerazione di progetti in passato, ma hanno dato anche la possibilità alle persone di fare bellissimi film che altrimenti non sarebbero mai stati realizzati. Bisogna sbrigarsi a far ripartire le produzioni».

Quindi dà ragione anche a Nanni Moretti, che dal palco della Mostra del cinema di Venezia ha invitato tutti a essere più reattivi?
«Certo. Sembra che la nostra sia un’industria non tanto importante quanto le altre. Come se tutti noi che lavoriamo nel cinema, non fossimo credibili. Bloccare un settore così è folle, non è uno scherzo. E mi sembra che ci sia chi non ha voglia di occuparsi del problema e questo non va bene. Noi lavoriamo tanto, ma è chiaro che può capitare che vengano realizzati progetti non così belli. Tanti film particolari, che sulla carta non avrebbero incassato un euro, sono diventati invece interessanti e sono stati esportati in tutto il mondo».

 

 

C'è chi pensa che ci sia una mancanza di unione nel suo settore.
«Non è vero. Ci sono varie associazioni, come Unita, che stanno lavorando per creare un dialogo. Il problema è che siamo poco interpellati. E questo non crea né scontro, né incontro. Se manca il dialogo, con il Governo, o con altri, è difficile mettere sul tavolo le problematiche».