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Piotta, scoppia il caso sul dialetto romano col Premio Tenco: "Dove sono i miei voti?"

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Un mistero aleggia sul Premio Tenco 2024. Piotta, nome d’arte che ben lascia intuire la provenienza geografica di Tommaso Zanello, ha scatenato una polemica sulle votazioni. Una giuria composta da circa 300 giornalisti ha espresso fino a tre preferenze per ciascuna delle sei categorie in gara (che includono Miglior album in assoluto, Miglior album in dialetto, Miglior album opera prima, Miglior album di interprete, Miglior canzone singola e Miglior album a progetto) per la musica pubblicata dal 1º giugno 2023 al 31 maggio 2024. Il rapper romano, però, non è comparso nelle cinquine dei finalisti. “Ieri come avete visto sono uscite le cinquine del Premio Tenco. Pur avendo ricevuto tantissimi voti da molti dei giurati, che ringrazio uno per uno, 'Na notte infame' non è dentro. Girano voci che questi voti non siano stati proprio presi in considerazione. Se fosse così mi chiedo: 'Come mai?'", ha scritto sui social, non riuscendo a nascondere il dispiacere e lo sgomento.

 

 

"Se il Club Tenco potesse darci la motivazione darebbe prova di grande trasparenza, per rispetto di tutto il progetto, viste anche le motivazioni da cui nasce e di tutti i giornalisti che votano", ha aggiunto. Il Club Tenco, dopo essere stato chiamato in causa, ha replicato all'artista con una nota ufficiale: “Le cose stanno così: il disco ‘Na notte infame' ha ricevuto diversi voti dai giurati, ma nella categoria 'Miglior album in dialetto' e, secondo i parametri inequivocabili del nostro regolamento, i testi dell’opera non sono scritti e cantati per oltre il 50% in alcun dialetto o lingua minoritaria”. Il rapper non si è accontentato e ha chiesto maggiore chiarezza. "Andare a pesare la musica un tanto al chilo è un’operazione cervellotica e discutibile. Ma esattamente chi l’ha pesata? C’è un gruppo di linguisti, esperti di dialetto? ’Na notte infame' è il mio lavoro più romano", ha spiegato. 

 

 

Piotta ha sottolineato anche che "la tradizione di Roma non è ferma in un tempo mitologico, ma giorno per giorno si rafforza e si rinnova. Anche il romano che uso adesso non è quello che usavo all’inizio della carriera e certamente non è quello che usavano Trilussa o Belli. Roma è una città di quattro milioni di persone che vengono da tutto il mondo: c’è un continuo mescolarsi anche linguistico tra francesismi, anglismi, modi di dire ma anche un cadenza che rende romano un modo di parlare. Il dialetto di Roma non è fermo nel tempo ma è un dialetto annacquato in continuo aggiornamento quanto di più vicino all’italiano. Questo - ha ribadito il rapper - è il lavoro più romano che io abbia mai fatto perché, rispetto al passato, va proprio nel cuore della città, nei racconti della città dagli anni di piombo fino a oggi, citando tanti poeti. Penso ad Amelia Rosselli e Patrizia Cavalli. Respingo totalmente il giudizio che è stato dato. ’Na notte infame' rappresenta la romanità".  

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