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Rai, cambia tutto dopo lo tsunami Europee: il futuro dei vertici della tv

Marco Zonetti
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Archiviate le Europee, mentre i vincitori gioiscono e i vinti si leccano le ferite, riprende nelle segrete stanze la partita della Rai, pronta a rinnovare i suoi vertici, ad accogliere a Viale Mazzini un nuovo Cda e a dar vita all’ennesimo valzer di nomine. Com’è ovvio, sulle sorti della tv pubblica si appresta ad avere un peso notevole l’esito elettorale che ha visto sostanzialmente tre vincitori, ciascuno a modo suo: Giorgia Meloni, Elly Schlein e Antonio Tajani. Il successo di Fratelli d’Italia consolida la presenza meloniana a viale Mazzini, rafforzando le quotazioni del Dg Giampaolo Rossi, fedelissimo di lunga data della premier e indicato da tempo come prossimo amministratore delegato Rai. La vittoria di Giorgia dovrebbe inoltre ridorare il blasone degli altri direttori in quota FdI quali, per esempio, Angelo Mellone, Paolo Corsini, Paolo Petrecca e, ovviamente, Gian Marco Chiocci.

 

 

La rimonta del Pd con l’ottimo risultato della segretaria Schlein, dal canto suo, potenzia il presidio dem nella tv pubblica, mai veramente smantellato malgrado la batosta elettorale del 2022. Anzi. Quella che i media di sinistra ci vendono come TeleMeloni, infatti, vanta in realtà – come ricordò anche Marco Travaglio in una puntata di 8 e 1/2 – una decina di poltrone strategiche occupate da dirigenti in quota Pd, a fronte delle 5 affidate a FdI; alle 7 leghiste; alle 3 di Forza Italia e alle 3 pentastellate. Senz’altro l’affermazione di Schlein a Bruxelles non intaccherà questo potere, accrescendolo vieppiù. Direttori come il sempre influentissimo Mario Orfeo, Simona Sala, Paolo Del Brocco, Stefano Coletta, Silvia Calandrelli, Maria Pia Ammirati, Elena Capparelli e così via dovrebbero quindi veder rinnovati, se non addirittura impreziositi, i loro prestigiosi incarichi.

 

 

Complice un accresciuto potere nella coalizione di governo dopo il sorpasso sulla Lega, Forza Italia giocherà un ruolo più decisivo a viale Mazzini. Iniziando, quasi sicuramente, con l’assegnazione della presidenza a Simona Agnes. Figlia dell’indimenticato Biagio Agnes che fece la storia della tv pubblica, l’imprenditrice non è soltanto molto apprezzata da Gianni Letta ma è anche alquanto stimata a sinistra e in Vaticano. Un ticket Rossi-Agnes ai vertici della Rai dovrebbe dunque essere una previsione piuttosto plausibile. La Lega in crisi venderà cara la pelle e potrebbe comunque contare sulla nomina quasi certa dell’attuale Ad Roberto Sergio a direttore generale, mantenendo magari la direzione della Tgr e riportando Marcello Ciannamea alla carica – a lui più consona – di responsabile dei palinsesti. L’intrattenimento prime time tornerebbe a Stefano Coletta, così da accontentare anche l’agguerrita comunità «arcobaleno». Non si sa mai. Con il Carroccio a fare da outsider e il M5s pressoché irrilevante dopo la Caporetto europea, si profila dunque all’orizzonte una Rai perlopiù tripartita tra FdI-Pd-Fi, come ai tempi della trimurti Dc-Pci-Psi. Altro che TeleMeloni.

 

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