il libro

Da De Gasperi a Mattarella, tutti i segreti delle elezioni al Quirinale

Alberto Fraja

Il 24 gennaio prossimo le Camere, riunite in seduta comune con l’aggiunta di 58 delegati regionali, avvieranno (Covid permettendo) le operazioni di voto per l’elezione del tredicesimo presidente della Repubblica Italiana. Superfluo aggiungere che cresce ogni giorno di più l’attesa per tale evento istituzionale. Ma cosa rende l’elezione del presidente della Repubblica un avvenimento politico così importante e imprevedibile nel suo sviluppo e, per questo, così avvincente?

A questa domanda prova a rispondere Valdo Spini nel suo “Sul Colle già alto” (Solferino, 256 pagine, 16 euro) una ricognizione puntuale e ragionata sulla storia dell’elezione del capo dello Stato nel Belpaese. «L’esperienza di questi ultimi anni ha insegnato quanto sia essenziale il suo ruolo in un sistema parlamentare e in un Paese, come il nostro, in eterna transizione politica e, di conseguenza, quanto sia decisiva la sua scelta - scrive l’autore -. A tale proposito basterebbe leggere la Costituzione della Repubblica Italiana per comprendere il ruolo importante, discreto e fermo che svolge l’inquilino del Colle più alto nel far rispettare i principi fondanti la nostra democrazia».

  

Quella di Spini (già Ministro dell’Ambiente, sottosegretario all’Interno e agli Esteri, presidente della Commissione Difesa della Camera, oggi presidente dell’Associazione delle Istituzioni culturali italiane ma anche presidente dell’ultimo Sinodo Valdese) non è solo una carrellata biografica dei presidenti della nostra Repubblica fin qui avvicendatisi a cominciare ovviamente dai due capi provvisori dello Stato, Enrico De Nicola e Alcide De Gasperi, il quale ultimo per meno di un mese svolse le funzioni provvisorie di Presidente, nella fase transitoria di avvio della Costituente (una notizia sconosciuta ai più che Spini svela volentieri ai suoi lettori).

Il libro è anche e soprattutto uno specifico racconto del modo in cui sono stati scelti ed eletti i nostri presidenti considerando che ciascuno di essi è stato il frutto di un disegno politico, della forza e/o della debolezza politica del nostro Parlamento. L’opera di Valdo Spini spiega le quattordici vicende elettorali, che fanno quasi tutte storia a sé, perché presentano svolgimenti molto diversi tra loro, a seconda degli anni, dei protagonisti e del contesto politico.

Non mancano però i tratti comuni: la volontà del Parlamento come corpo collettivo, il ruolo dei singoli parlamentari e anche le insidie rituali come quella dei cosiddetti “franchi tiratori” (non si contano i ”papi” entrati nel conclave quirinalizio per uscirne cardinali. Il caso di Prodi, fatto fuori da fuoco amico, è probabilmente il più eclatante).

Spesso si è descritto il ruolo del capo dello Stato come quello di qualcosa di simile a un arbitro o a un notaio. A parere di Spini non è mai stato così. La presidenza della Repubblica affida, infatti, al suo titolare pro tempore (7 anni) un ruolo di solida rilevanza politica. Basti dire che il Quirinale nomina i ministri e che il presidente del Consiglio può solo proporli senza alcun potere di revoca.

A parere dell’autore stavolta il cambio della guardia al Quirinale assume i caratteri di una scelta cruciale. Lo dimostra la particolare attenzione da parte di tutti i settori dell’opinione pubblica, la ricchissima pubblicistica che l’ha preceduta e soprattutto l’incertezza che domina nelle forze politiche che dovranno prenderla. 
Il tradizionale toto candidati è più che mai una sarabanda di ipotesi più o meno fondate, più o meno fantasiose. Secondo Spini, una nuvola di parole rivelatrice del momento delicato che stiamo attraversando.

L’elezione del tredicesimo Presidente avviene, infatti, nel corso di una legislatura che si trova a un anno dalla scadenza, caratterizzata dalla forte frantumazione e decomposizione del sistema politico e dalle difficoltà dei partiti di costruire solide maggioranze. Si pone dunque «l’esigenza della ripartenza dopo l’esperienza terribile del Covid, nella convinzione che essa debba avvenire nel quadro dei valori della Costituzione e del loro rilancio alla base del Paese, in un’azione di coesione nazionale». L’obiettivo dell’autore ovviamente non è quello di partecipare alla vana gara delle previsioni, ma quello di delineare un identikit del presidente di cui oggi ha bisogno l’Italia. Di fronte a una situazione economico sociale che vede in aumento disuguaglianze e povertà, il crollo del sistema di istruzione e formazione, le accentuate disuguaglianze di genere e di generazione, i nuovi fenomeni di violenza e l’emergenza sanitaria «c’è la necessità - scrive Spini - di ricostruire lo Stato, di sviluppare una politica che assicuri i beni pubblici necessari alla collettività», secondo la filosofia del Piano nazionale di ripresa e resilienza. C’è soprattutto «bisogno di un’etica nuova della cittadinanza dopo tanti appelli al particolare territoriale o sociale». In questo quadro il futuro capo dello Stato «dovrà costituire un punto di riferimento etico-politico capace di assicurare momenti di unità non formale dell’anima del nostro paese».