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Luca Barbarossa: festeggiamo insieme i miei 60 anni, un romanzo autobiografico musicale

Il cantautore romano torna dal vivo e racconta il suo concerto romano alla cavea dell'Auditorium

Fabrizio Finamore
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Un racconto suonato, come è stato definito, una grande festa in musica per festeggiare i suoi primi sessant’anni con un live, “Non perderti niente”, che prende il nome dal suo recente romanzo autobiografico. Sarà il palco della Cavea dell’Auditorium Parco della Musica della sua Roma ad ospitare oggi sabato 4 settembre l’atteso concerto di Luca Barbarossa. “E’ un concerto che avrei dovuto fare per i miei sessant’anni ad aprile – ci ha confessato Luca – e che per ovvi motivi è slittato, abbiamo scelto la fine dell’estate perché ci sembrava il momento più adatto e poi anche per una questione di impegni, ripartendo con Radio Due Social Club il 13, erano gli ultimi giorni per poterlo organizzare. Il concerto vuole avere lo stesso tono del mio romanzo autobiografico, “non perderti niente” è un titolo esortativo, raccontandomi mi sono reso conto che la vita è un’esperienza che va vissuta fisicamente e non davanti a uno schermo, in cui bisogna osare”.

E il suo ritorno al live dopo molto tempo…

“Sì, a parte esibizioni sporadiche con la chitarra per la presentazione del libro, sono due anni che non faccio un concerto vero e proprio, sono emozionatissimo e spero che l’emozione non mi faccia brutti scherzi. Per l’occasione in scaletta proporremo un repertorio particolare, essendo un evento autobiografico ci saranno canzoni mie ma anche incursioni in repertori di altri che hanno significato molto per me”.

Qual è il suo approccio con i live in generale in questo momento tra le tante polemiche tra ripartenza e sicurezza?

“Io sono convinto che il mondo dello spettacolo sia stato fortemente penalizzato, abbiamo sempre uno scoglio culturale da superare , il nostro settore si è giustamente speso per organizzare concerti all’aperto, con green pass, distanziamenti e mascherine e poi non ho visto la stessa attenzione in altri contesti, quest’estate ho preso aerei gremitissimi. Sono felice che una vaccinazione massiccia e il green pass ci consenta di ripartire ma di certo siamo stati i più penalizzati. Tra l’altro così strutturati i concerti che non hanno portato nessun contagio mentre non si può dire lo stesso per esperimenti di altra natura non autorizzati come rave o assembramenti per eventi calcistici”.

Lontano dai concerti in questi ultimi tempi a tenerla impegnata ci ha pensato la sua radio…

“Eh sì, in questi mesi così difficili con Radio Due Social Club siamo sempre andati in onda e così si è creato un rapporto ancora più stretto con chi ci segue. Presentando in giro il libro ho ricevuto tante dimostrazioni di affetto da parte degli ascoltatori e tanta gratitudine per essere rimasti accesi in quei giorni così difficili. Essere in questi ultimi anni anche in TV in replica ha allargato ancora di più il nostro pubblico, del resto tra radio, TV, Raiplay e social siamo diventati il programma più multimediale.”

Torna in concerto nella sua Roma che le sta tanto a cuore in un periodo di certo non felicissimo per la nostra città…

“Roma è una capitale mondiale della cultura e dell’arte, le sfide di una capitale così dovrebbero essere sfide universali, qui ospitare grandi eventi dovrebbe essere normale e invece mi sembra che si continuino a perdere appuntamenti importanti. Olimpiadi, Champions, Eurovision … è tutto un non fare per non sbagliare, qui si si riesce a parlare solo di tappare questa o quella buca e di spazzatura, mi sembra mortificante per una grande capitale come Roma, queste sono sfide più da amministratore di condominio che di una grande capitale del mondo”.

Mancano a suo parere anche spazi adeguati per la musica?

“Anche, la musica rock e pop ad esempio sono sempre state poco considerate, siamo sempre ospiti di strutture pensate per altre cose; la Cavea è un’oasi felice perché è all’aperto, ma a ben guardare non esiste uno spazio per la musica pop e rock a Roma, per anni siamo andati al Palaeur dove rimbomba tutto, o in altre strutture adattate allo scopo. È mancata la progettazione di spazi adeguati. Non a caso quando si è parlato di Eurovision nessuno è riuscito a individuare uno spazio adeguato per questa manifestazione internazionale e questo la dice lunga sulla nostra situazione attuale. Alla fine tutto questo è probabilmente sempre frutto di quel gap culturale di cui parlavamo e che penalizza molto chi fa musica e spettacolo”.
 

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