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Alex Infascelli: Totti ed io come nel film Ghost

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E' il giorno del suo film. Ma lui non c'è. Troppo recente il dolore per la scomparsa del padre. Alla Festa del cinema di Roma è il giorno del documentario di Alex Infascelli "Mi chiamo Francesco Totti", presentato come evento speciale. Un ritratto, anzi un autoritratto di un campione raccontato da lui stesso con immagini storiche e altre private, riprese amatoriali, girate per lo più dal fratello Riccardo, che raccontano la vita del calciatore italiano più importante della storia.

Francesco Totti e Alex Infascelli come Demi Moore e Patrick Swayze in "Ghost". Per spiegare la sintonia «e l’impollinazione reciproca» che ha dato vita a ’Mi chiamo Francesco Tottì il film che dopo il debutto odierno alla Festa del cinema di Roma sarà nelle sale come evento speciale il 19, 20, 21 ottobre (ma già i gestori delle sale hanno chiesto che i giorni siano di più per la grande richiesta) e quindi su Sky dal 16 novembre, in conferenza stampa il regista ha evocato la scena cult dei due con le mani nella creta nel film del ’90. «Tutto ciò che è narrato nasce da Francesco, io ho ascoltato la sua voce - ha raccontato Infascelli - il racconto è suo perché guardando la copertina del libro di Condò ho pensato che senza di lui non potevo farlo, serviva un duetto». Dopo aver girato le prime scene ho pensato la struttura del film in tre atti e quindi ci siamo seduti sul divano con qualche biscotto, immergendoci in una chiacchierata che è diventata un flusso di coscienza, direi che Francesco è stato il mio coregista». 

Infascelli è stato scelto dall’amico produttore Lorenzo Mieli («Non avrei affrontato un film così particolare e rischioso senza qualcuno di cui mi fidavo ciecamente») che coproduce il film con Virginia Valsecchi (la vera ideatrice di tutto il progetto, folgorata dall’addio di Totti allo stadio Olimpico e quindi dal libro "Un capitano" scritto da Totti con Paolo Condò a cui si ispira il film), con Vision distribution e Rai Cinema. Infascelli non è nè un tifoso nè un grande esperto di pallone.

«La prima cosa che ho detto a Totti prima ancora di cominciare a lavorare è stata: ’Guarda che io non so niente di calciò e lui, di rimando "allora sei perfetto"». Questo film, ha proseguito Infascelli «è arrivato perchè lui aveva voglia di raccontarsi, io mi sono trovato al momento giusto al posto giusto». All’ex capitano della Roma il regista ha promesso che ci sarebbe stato solo il suo audio, «perchè riprenderlo sarebbe stato sbagliato, raccontando se stesso racconta tutti noi». Il regista ha scelto di non coinvolgere altre voci, ha spiegato, perchè sarebbero state fuori luogo: «Non volevo fare un’indagine, non mi interessavano altri punti di vista - ha chiarito - non a caso il titolo è "Mi chiamo Francesco Totti", volevo la semplicità di un tema scolastico, il film emoziona perchè Francesco si emoziona raccontando la sua vita». Puntando sulla relazione tra Totti e la sua città, il film è pervaso da richiami alla religione:

«Francesco ha una grande connessione con la Roma cattolica e viene da una famiglia ipercattolica, da ragazzino aveva l’immagine di padre Pio accanto al letto - ha chiarito - e poi le persone come lui e anche come Kurt Cobain in fondo hanno messo semplicemente da parte il loro ego per fare qualcos’altro, come Cristo». Sulla scelta dell’ex campione di non partecipare alla Festa del cinema per vivere privatamente il lutto per la scomparsa di suo padre, il regista ha osservato: «C’è un destino anche in questo, Francesco ha voluto che il film parlasse al posto suo».

 

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