LA SCHEDA
Cosa sono le onde gravitazionali. Il ruolo dell'Italia nel premio Nobel
Le onde gravitazionali sono state, fino al 2016, l’unico fenomeno fisico previsto dalla Relatività Generale di Einstein che non era mai stato osservato direttamente. Einstein aveva previsto che le masse accelerate emettessero una radiazione gravitazionale, ovvero onde al cui passaggio lo spaziotempo si contrae ed espande ritmicamente. Si possono immaginare come increspature sulla superficie di uno stagno, che si propagano nel Cosmo alla velocità della luce. Le onde gravitazionali - la cui scoperta ha fatto vincere il Premio Nobel per la Fisica a Kip Thorne, Barry Barish e Rainer Weiss - sono però molto difficili da rivelare, poiché producono effetti estremamente tenui e i possibili rivelatori vengono attraversati senza assorbirle, ma si contraggono ed espandono in modo solidale allo spaziotempo. Molti fisici, tra cui lo stesso Einstein, non hanno mai creduto che rivelarle fosse possibile. Ciononostante - raccontano dall’Istituto nazionale di fisica nucleare - nei primi anni ’60 negli Stati Uniti "un fisico testardo e originale", Jo Weber mise in funzione due antenne, costituite ognuna da un cilindro di alluminio di 1,6 tonnellate. Le pose a 1000 km di distanza, sperando di osservare vibrazioni simultanee al passaggio di un’onda gravitazionale. Alla fine degli stessi anni ’60, Weber credette di aver effettivamente rivelato delle onde provenienti dal centro della nostra galassia, ma il suo risultato era un abbaglio. La caccia alle onde gravitazionali era cominciata ed era ormai chiaro che rivelarle significava anche aprire una nuova finestra di ascolto ed esplorazione del Cosmo. Insieme a gruppi di Stanford e della Louisiana, l’Italia entrò in questa ricerca da subito e in prima fila. Nel nostro Paese i primi esperimenti cominciarono nel 1970, con il gruppo romano di Edoardo Amaldi e Guido Pizzella, che decisero di realizzare un rivelatore risonante (analogo a quello di Weber), ma tenuto a bassissime temperature. Ciò contribuiva a ridurre notevolmente il rumore di fondo dovuto alle variazioni termiche: la vibrazione che si voleva rivelare era infatti dell’ordine di un miliardesimo di miliardesimo di metro. All’inizio degli anni ’80 entrò in funzione il primo rivelatore di questo tipo, Explorer installato al Cern di Ginevra, seguito negli anni ’90 dalle antenne Auriga e Nautilus nei Laboratori INFN di Legnaro e Frascati. Nel frattempo, a metà degli anni ’70, Russel Hulse e Joseph Taylor, osservando una pulsar binaria con il telescopo di Arecibo, avevano dimostrato come ci fosse una quantità di energia mancante, corrispondente all’emissione di onde gravitazionali, in accordo con la teoria di Einstein. Era la prima prova. In realtà a metà degli anni ’80, da un’idea in Italia di Adalberto Giazotto, erano cominciati in parallelo due nuovi progetti, che puntavano ad applicare alla rivelazione delle onde una tecnologia completamente diversa dal passato: l’interferometria laser. I due interferometri dell’esperimento Ligo entrarono in funzione negli Stati Uniti nel 2004, mentre l’interferomentro Virgo, realizzato dalla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e il Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), cominciò la presa dati a Cascina, vicino Pisa, nel 2007. In quel momento la caccia alle onde durava da quasi cinquant’anni, ma una parte della comunità scientifica era ancora scettica sulla reale possibilità di rivelarle.