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Geloni e macchie, ecco le spie sulla pelle del coronavirus

Katia Perrini
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Le spie del coronavirus sono, anche, sulla pelle. A dirlo è un dermatologo che, il covid, se l'è vissutto, per l'appunto, tutto sulla sua pelle. Era stato fra i primi a raccontare di come Covid-19 possa "rubare" gusto e olfatto. Da medico aveva applicato il suo occhio clinico su un paziente un po' particolare: se stesso. E aveva notato anche un altro segno particolare: l'esantema al tronco, «micro-vescicole andate via da sole nel giro di una settimana, come una simil varicella, ma senza prurito». Del resto Angelo Marzano, 57 anni, di mestiere fa il dermatologo. È il medico del Policlinico di Milano guarito dopo essere risultato - fra i primi in Italia - positivo al nuovo coronavirus ed essere stato ricoverato all'ospedale Sacco dal 23 febbraio. Era l'inizio dell'emergenza. Oggi il camice bianco, ormai negativo, si è lasciato alle spalle la malattia. E tornato al lavoro ha subito messo sotto la lente i segni di Covid-19 sulla pelle: esantemi, i «geloni osservati nei bambini» e altre "spie" cutanee della malattia. Fin da quando era ancora in isolamento, l'esperto ha cominciato a ricevere «segnalazioni di altri casi, da medici e pazienti che avevano letto la mia testimonianza», racconta all'Adnkronos Salute. Un primo studio su 22 pazienti messi insieme in più centri da Brescia a Milano, quindi nelle zone più colpite dai contagi, è già stato pubblicato in questi giorni sul Journal of the American Academy of Dermatology. Ora lo specialista ha messo le basi per un nuovo passo: «Uno studio multicentrico nazionale» con una casistica più ampia. Il tutto sotto l'egida della società scientifica Sidemast (Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse). La missione è mettere in piedi un «registro italiano. Vogliamo valutare incidenza e prevalenza di queste espressioni dermatologiche, capirne i meccanismi patogenetici», dice Marzano. Il progetto è stato battezzato "Skin Covid-19". «Al di là dei casi gravi - spiega lo specialista, docente di Dermatologia all'università degli Studi di Milano e dermatologo clinico della Fondazione Irccs Policlinico - queste manifestazioni si rilevano anche in pazienti asintomatici o con pochi sintomi». E potrebbero aiutare la diagnosi precoce. «Colpisce l'estrema variabilità della risposta dell'organismo a questa infezione», aveva osservato Marzano e ha deciso di mettersi a studiare. Lo specialista è partito dagli esantemi simili a varicella osservati negli adulti. Casi come il suo. I primi 22 pazienti protagonisti della ricerca appena pubblicata sono stati selezionati con «criteri di inclusione rigidi: tutti positivi al coronavirus confermati da tampone. Per alcuni la malattia ha portato a condizioni più serie, altri avevano pochi sintomi. Per analizzare l'esantema l'esame istologico è stato eseguito in un terzo dei casi. Nel lavoro si evidenziavano le sue peculiarità cliniche: coinvolgimento selettivo del tronco (anche se in qualche caso si è rilevata un'estensione anche agli arti), prurito scarso o assente, presentazione precoce nei primi giorni dall'esordio dei sintomi, in media dopo 3». In un caso addirittura il segno sulla cute precedeva di un paio di giorni i sintomi respiratori e la febbre. Durata media: 8 giorni, per poi risolversi da solo. È importante guardare ai segni di Covid sulla pelle come questo, evidenzia l'esperto. In soggetti non sintomatici può rappresentare una spia dell'infezione. E può indurre a fare un tampone. Lo studio italiano è stato pubblicato in tempi rapidissimi, entro 2 settimane era già disponibile sulla piattaforma Pubmed e ha suscitato interesse. A Marzano sono arrivate tante richieste, anche dall'estero. Ed è nata l'idea di ampliare la ricerca. Il progetto di uno studio multicentrico nazionale, coordinato da Marzano come ricercatore principale, è stato sottoposto al Comitato etico della Fondazione Irccs Policlinico. «Vuole essere uno studio di tipo clinico-istologico, con anche un'estensione a indagini più approfondite come la ricerca di Rna del virus nella cute lesionale o indagini di tipo immunoistochimico. Vorremmo anche ricorrere alla microscopia elettronica. Per il paziente non ci sarebbe alcuna sofferenza in più». Sarebbero solo più analisi su un unico prelievo. «I quadri cutanei osservati in relazione alla Covid sono diversi». E alcuni toccano proprio i più piccoli. «Abbiamo documentato manifestazioni purpuriche vasculitiche», elenca Marzano, quindi un quadro che interessa i piccoli vasi della cute. A livello visivo sono macchie. «Ci sono alterazioni simili a "livedo reticularis", la cui origine si lega a microtrombi che si formano nei piccoli vasi della pelle, casi già segnalati in forma aneddotica in letteratura, in genere di rapida risoluzione. È qualcosa che riflette ciò che avviene con la Covid anche in organi come i polmoni. Abbiamo poi altre forme, come l'esantema simile a orticaria e l'esantema eritematoso o morbilliforme. Si rilevano pure quadri misti».  E poi ci sono i geloni da Covid, in gergo medico perniosi, in bambini e adolescenti. Di questi casi all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, una delle province lombarde cuore dei contagi da Sars-CoV-2, ne hanno osservati diversi. «Circa una decina» nel reparto di Dermatologia, spiega lo specialista e dirigente medico dell'Unità, Paolo Sena. Geloni sul dorso di mani e piedi, localizzati in vicinanza delle articolazioni, «in una stagione in cui non dovrebbero esserci e in soggetti che non ne avevano mai sofferto prima», il più delle volte in presenza di sintomi minori da coronavirus. «L'associazione l'abbiamo fatta per esempio quando abbiamo visto un ragazzino che contemporaneamente aveva anche una perdita del gusto». Quando poi è partito il tam tam tra i pediatri di base, ci si è accorti di più di queste manifestazioni cutanee. «Anche dalle biopsie che abbiamo fatto queste forme sono esattamente come i geloni, uguali in clinica e al microscopio». «Vogliamo capirne di più - continua Sena - Nelle prime settimane siamo stati seduti su un vulcano», travolti da un'ondata di malati Covid, «e la cute non la guardava nessuno con attenzione, soprattutto su casi gravi. Ora stiamo imparando a riconoscere anche segni minori di malattia, ma che potrebbero essere fondamentali per riconoscere l'infezione magari in fase iniziale. Con i bambini il pensiero va ai genitori e nonni, che potrebbero essere anche loro esposti al virus. Noi abbiamo osservato questo». L'idea è dunque un "censimento". Capire i numeri, quanto incidono le manifestazioni dermatologiche di Covid-19. «Un pensiero è che al momento possano essere sottostimate», ragiona Marzano. Vanno indagati i meccanismi che le causano. «A livello teorico - osserva - la risposta immunitaria dell'ospite al virus, che dà a livello polmonare gli esiti che si stanno vedendo, potrebbe ugualmente creare un processo infiammatorio della pelle. E poi c'è l'aspetto dell'attivazione della coagulazione che sembra avvenire anche localmente nella cute. Noi avevamo pubblicato studi di legame fra infiammazione e coagulazione anche in epoca pre-Covid».

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