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In Italia scoppia l'allarme morbillo: +230% da gennaio 2017

Silvia Sfregola
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In Italia scoppia l'allarme morbillo. Secondo i dati resi noti oggi dal ministero della Salute, infatti, dal mese di gennaio 2017 è stato registrato un preoccupante aumento del numero dei casi della malattia. In particolare, a fronte degli 844 segnalati nel 2016, dall'inizio dell'anno sono già stati registrati più di 700 casi, con un incremento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, in cui si erano verificati 220 casi, di oltre il 230%. La maggior parte dei casi sono stati segnalati da sole quattro Regioni: Piemonte, Lazio, Lombardia e Toscana. Più della la metà rientra nella fascia di età 15-39 anni. Secondo il Ministero il morbillo continua a circolare nel nostro Paese "a causa della presenza di sacche di popolazione suscettibile, non vaccinata o che non ha completato il ciclo vaccinale a 2 dosi". Ciò sarebbe dovuto in gran parte dovuto al numero crescente di genitori che rifiutano la vaccinazione, nonostante le evidenze scientifiche consolidate e nonostante i provvedimenti di alcune regioni che tendono a migliorare le coperture, anche interagendo con le famiglie e i genitori. "Nonostante il piano di eliminazione del morbillo sia partito nel 2005 - sottolinea il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin - e la vaccinazione contro il morbillo sia tra quelle fortemente raccomandate e gratuite, nel 2015 la copertura vaccinale contro il morbillo nei bambini a 24 mesi (coorte 2013) è stata dell'85,3% (con il valore più basso pari al 68% registrato nella PA di Bolzano e quello più alto in Lombardia con il 92,3%), ancora lontana dal 95% che è il valore soglia necessario ad arrestare la circolazione del virus nella popolazione". "È ora indispensabile - precisa - intervenire rapidamente con un impegno e una maggiore responsabilità a tutti i livelli, da parte di tutte le istituzioni e degli operatori sanitari, per rendere questa vaccinazione fruibile, aumentandone l'accettazione e la richiesta da parte della popolazione. Analogamente le amministrazioni regionali e delle aziende sanitarie, così come pediatri e medici di medicina generale devono promuovere una campagna di ulteriore responsabilizzazione da parte dei genitori e delle persone non immuni di tutte le età affinché non rinuncino a questa fondamentale opportunità di prevenire una malattia che può essere anche letale".

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