Malattia di Pompe: italiani scoprono iter efficace per diagnosi rapida
Incurabile. Era questa la sentenza per chi, fino a decina di anni fa, soffriva della rara malattia di Pompe. Non esisteva infatti terapia in grado di contrastare i danni che la carenza dell’enzima a-glucosidasi (GAA) provocava nelle persone affette. Per questi pazienti le conseguenze erano drammatiche: nelle forme classiche - quelle che si manifestano subito dopo la nascita - il neonato era destinato a morire entro i primi 2 anni di vita, mentre nelle forme ad esordio tardivo - quelle che possono manifestarsi a qualsiasi età dopo il primo anno - si assisteva, impotenti, ad una importante e progressiva compromissione dei muscoli respiratori e degli arti. TERAPIA - Dal 2006 è disponibile la Terapia Enzimatica Sostitutiva (ERT), pertanto, il tema della diagnosi tempestiva è diventato di primaria rilevanza. Anche se ancora oggi, purtroppo, il riconoscimento di alcune forme di questa malattia avviene con forte ritardo, è noto che un intervento terapeutico precoce rappresenta la chiave di volta per rallentare notevolmente la tipica progressione della patologia. SCOPERTA - Interessanti novità su questo fronte arrivano oggi, a pochi giorni dalla celebrazione della seconda Giornata Internazionale della malattia di Pompe (il 15 aprile), da uno studio scientifico Italiano pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale ad alto impatto scientifico, Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry (JNNP). Si tratta dello studio LOPED: un’indagine multicentrica realizzata con l’obiettivo di valutare - in una popolazione ad alto rischio[1] per possibile malattia di Pompe - la diffusione della patologia nella sua forma ad esordio tardivo (Late-Onset Pompe Disease) utilizzando, quale principale strumento di screening, la metodica del Dried Blood Spot (DBS), un test che prevede il prelievo e l’analisi di una goccia di sangue essiccata su filtri di carta bibula. STUDIO - Promosso dall’Associazione Italiana Miologia, coordinato dal Professor Antonio Toscano del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Messina e realizzato grazie al contributo non condizionato di Genzyme, società del Gruppo Sanofi, lo studio ha coinvolto 17 centri italiani per la cura delle malattie neuromuscolari e oltre mille soggetti di età superiore ai 5 anni, che presentavano un persistente innalzamento della CK sierica e/o una debolezza dei muscoli dei cingoli scapolari e/o pelvici. TEST - La popolazione coinvolta nello studio è stata sottoposta a screening attraverso la metodica del DBS test. Su 1.051 soggetti valutati, 21 hanno mostrato una ridotta attività della GAA. Successive indagini biochimiche e genetiche, hanno confermato la presenza della malattia in ben 17 dei 21 soggetti risultati positivi al test ematico (1,6 % della popolazione studiata). ESPERTO - “Lo studio LOPED – spiega Toscano - ci ha permesso di individuare un percorso rapido ed efficace per evitare ritardi nella diagnosi. Il DBS test si è infatti confermato una metodica di screening notevolmente affidabile, veloce e poco costosa per identificare i pazienti a rischio di malattia; i successivi studi biochimici e genetici ci hanno consentito di ottenere la conferma diagnostica, immediatamente seguita dalla somministrazione della terapia. Pertanto, a conclusione di questo studio, siamo orgogliosi di consegnare alla comunità scientifica internazionale un efficace algoritmo diagnostico per intervenire precocemente nel trattamento della patologia”.