Delirio postoperatorio, una patologia da non sottovalutare

Predice il declino delle capacità cognitive e un successivo danno prolungato, ma è sottostimato. Si tratta del delirio dopo interventi di chirurgia che, negli anziani, va a braccetto con un forte disturbo dell'attenzione associato a deficit della memoria e alterazioni della coscienza. Le istituzioni sembrano fare orecchie da mercante rispetto alle degenze post operatorie di chi è in età da pensione eppure, secondo Gabriella Bettelli, che ha diretto il Dipartimento Chirurgico e l'Unità operativa di Anestesia e Rianimazione dell'INRCA (Istituto nazionale Ricovero e Cura Anziani, unico Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico dedicato all'anziano in Italia), e che è anche coordinatore del Gruppo di Studio di Medicina Perioperatoria Geriatrica della SIAARTI (Società Italiana Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva) nonché membro del Gruppo di Lavoro Governo Clinico della Chirurgia Geriatrica del Ministero della Salute, occorre scommettere su modelli organizzativi dedicati e sulla nuova figura dell’anestesista geriatra. “La rapidità con cui questa popolazione è cresciuta ha colto di sorpresa le istituzioni, ma basta considerare i reparti di ortogeriatria, dove i soggetti con frattura di femore sono assistiti oltre che dall’ortopedico e dall’anestesista, anche dal geriatra, per notare che questa soluzione si è dimostrata efficace nel ridurre le complicanze, ma richiede risorse esterne all’équipe operatoria”, sottolinea l’esperta. Ma gli anziani finiscono sul tavolo operatorio anche per altro. E il lavoro di gruppo garantisce un quadro più obiettivo da parte di tutti gli specialisti. “L’unico ospedale nazionale in cui il problema è stato affrontato in termini strutturali e per diverse chirurgie specialistiche è l’INRCA (Istituto Nazionale Ricovero e Cura Anziani) di Ancona, ossia l’unico Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico geriatrico esistente in Italia. In questo ospedale, è stato definito un percorso dedicato, basato su tecniche di valutazione multidimensionale, protocolli di prevenzione delle complicanze proprie di questi pazienti (come ad esempio l’ipotermia intraoperatoria, lo squilibrio dei fluidi corporei e il delirio) e presa in carico globale della persona attraverso specifiche azioni di umanizzazione”. Tutto questo tradotto nei fatti tira in ballo le istituzioni preposte alla cura della salute. “Stanno definendo una linea guida sull’anziano chiurugico”, sottolinea Bettelli, ma nel frattempo l’esempio citato è l’unico in Italia. Nel nostro Paese è stato da poco istituito il Network Italia Longeva, che, in collaborazione con le Marche (la regione più longeva d’Italia e sede dell’INRCA) dovrebbe promuovere iniziative di ricerca. “Sul piano clinico oltre alla valutazione multidimensionale, grande attenzione dovrebbe essere posta alla prevenzione del delirio, perché questa condizione, drammatica per il paziente e i familiari, può avere conseguenze come la demenza e la necessità di istituzionalizzazione, senza più ritorno a casa”, indica l’esperta che, sul piano formativo, propone l’organizzazione di “master o corsi per gli anestesisti, volti a trasmettere le competenze geriatriche necessarie per un’adeguata gestione perioperatoria dell’anziano”. Che ormai ha visto cambiare le tecniche chirurgiche all’insegna della mininvasività (si veda la VLS o lo stent), riducendo le incisioni al minimo, per non traumatizzare ulteriormente il fisico già provato, garantendo una più rapida ripresa. “Ma uno degli indirizzi più importanti che si sono definiti in questi anni in chirurgia geriatrica è che alla base della scelta della tecnica non sta l’età anagrafica del paziente, ma la sua età biologica e le sue condizioni generali: e questo è ciò che a mio avviso rappresenta il successo più importante, perché pone al centro della scelta la persona”, dice la Bettelli. “Certamente il delirio è una temibile complicanza postoperatoria dell’anziano che compare nel 15-65%, in funzione di tipo di chirurgia, fattori di rischio e qualità dell’assistenza. Si tratta di un’alterazione del livello di attenzione, che insorge nelle prime 24-48 ore, presenta andamento fluttuante con alternanza di lucidità, inversione del ritmo sonno veglia, e possibilità di presentarsi in forma agitatoria, depressiva o mista. A volte, il quadro consiste solo in uno stato di apatia, che può passare inosservato e quindi non diagnosticato e non trattato. I fattori di rischio sono l’età, i deficit cognitivi, le alterazioni sensoriali (vista e udito), l’assunzione di determinati farmaci e la presenza di stimolazioni ambientali eccessive (luci, rumori). Tra i fattori scatenanti figurano il dolore postoperatorio, la disidratazione, la ritenzione di urina, la costipazione e altro. La correzione del delirio può richiedere anche diversi giorni, ma mediamente la degenza si allunga di 1-3 giorni. I risparmi annui sfiorano i 547.200 euro. Il tutto a fronte di modestissimi investimenti in formazione”.