rito d'amore
Nel ricordo di Righetto alla Romana Nuoto
Questo rito di amore collettivo condiviso verso Righetto, cioè verso noi stessi, poteva avvenire solo a Fiume, più precisamente nello splendido scenario della Romana Nuoto. Perché? Perché lì ritroviamo la nostra anima. Nel 2019 non riusciamo a concepire cosa fosse Fiume per i nostri avi, senza andare troppo indietro nel tempo: non era solo luogo di commerci, interessi e utilità, ma scappatoia, via di fuga, luogo oscuro teatro di omicidi efferati, ma anche di svago, divertimento, con grande differenza tra giorno e notte. Insomma, era centrale nella nostra vita. Oggi viene visto come un inutile mondezzaio, un tempo a Fiume si ritrovava noi stessi. E noi proprio lì abbiamo voluto ritrovare un vecchio piccolo amico, un pezzo di noi stessi che è sempre con noi, anche se non lo sappiamo: Righetto, con il fedele Sgrullarella affianco. "Patisce er core mio ma nun dispera, me frega assai che Nina se n'è annata...io mo me butto a Fiume e bonasera! Fiume me butto a fiume, cancellame dar monno! Abbozzame ner fonno, sotterame nell'acqua...così nun lasso manco la memoria", canta straziato Gaetanaccio, personaggio imprescindibile per chi vuole provare a scoprire l'anima di Roma. Noi la memoria di Roma invece l'abbiamo estratta da Fiume. Precisamente da Ponte Sisto, a meno di due chilometri di Tevere dalla Romana Nuoto. Lì il nostro giovane amico morì 170 anni fa', in maniera oggettivamente eroica, in un modo che scosse la popolazione e che ammantò er fanello romano di un'aura di eroismo per l'eternità. Non potete esaurire la conoscenza de Righetto nostro con queste quattro righe sgangherate, dovete perlomeno leggere il libro "Righetto e Sgrullarella" di Dante Mortet, messo in scena da Roberto Ciufoli, Francesca Draghetti, Roberto Stocchi, Simone Colombari e Pasquale Anselmo: con la loro arte ci hanno fatto rivivere quei giorni di idealismo ed eroismo della Repubblica Romana e la vita di quel ragazzino letteralmente esplosa e volata alle stelle assieme alla bomba fatale francese che voleva spegnere. Senza scordare poi il giovane e bravissimo Andrea Martucci, che con la sua chitarra ci ha fatto volare sulle note della passione romana che è la sua cifra palese. Che bello sapere che esistono ragazzi con questo ideale e consapevolezza. L'empatia, la commozione, l'idealismo dei giorni repubblicani non sono cose per noi romani, visto che ancora oggi questa pagina di storia - avanguardia europea a livello ideale di costruzione di organizzazione politica - è poco conosciuta. Ma il Quirite cesellatore, con la forza der core e sangue d'Enea e de Scipio, assieme a tanti altri come lui, non è un custode autoreferenziale. E' un divulgatore di Romanità e non lo fa dalla cattedra. Gli basta vivere; ridere, parlare, condividere il senso della nostra comune natalità. Ed ecco la magia: Righetto riecheggia ovunque! Le sue gesta sommate a quelle di centinaia di migliaia di quiriti forgiano lo spirito di Roma, che è irriducibile ed eterno. Uno dei compiti primari dei custodi è trasmettere l’amore per il bene custodito. Le cause dello sfilacciamento sociale e culturale, della mancanza totale di senso di appartenenza a questa città sono tante e vengono da lontano. Il punto è che la digitalizzazione ha creato solchi generazionali difficilmente colmabili, ha ridotto le complessità e l’attenzione verso la complessità. A farne le spese le tradizioni, la trasmissione del sapere e dell’attaccamento viscerale. Risultato: perdita totale di identità. Eppure alla Romana Nuota non c'erano solo sepolcri imbiancati, ma nuove forze trasversali (tra cui la nostra, Romanima, l'anima di Roma), per età, ideologia politica, fede calcistica, unite dal contenitore Roma BPA, meritevole motore di Romanità in questa città: tutti uniti da una adesione sostanziale e radicale alle nostre origini quirite e dal peso - inteso come responsabilità - che sentiamo nell'essere suoi figli. La vicenda di Righetto ha vari piani di lettura: noi romani siamo tanto fumo, strepiti, inni, siamo finzione che per essere creduta vera richiede un eccesso di realtà. Ogni grande atto è un simbolo: Righetto è morto per ideale, ma non sappiamo quanto. Sappiamo che fosse orfano, che Garibaldi fosse una sorta di padre, ma quanto per colmare una mancanza? Ma in fondo, ci si può chiedere tutto questo quando parliamo di un bambino? Tutto questo per dire che non mi piace strumentalizzare l'eroismo, l'ideale, il pasquinismo, in una città che strutturalmente è abituata a ben altro. La Repubblica Romana non fu cosa per noi, non aderimmo, almeno per la maggior parte di noi. Non rinnego me stesso. La mia purezza di Romano consiste nel riconoscere la mia eterna ambivalenza. Nel riconoscere i miei limiti di uomo schiacciato dalla mia stessa grandezza, che è la più bella condanna dove specchiarsi. Essere Romani davvero secondo me è riconoscere che siamo pedine in uno scacchiere deciso da menti, essenze molto più alte rispetto a noi, che Roma è l'evidenza dell'esistenza di un disegno divino, e ammettere che non ci hanno dato la chiave di comprensione. Possiamo cercarla: non farlo sarebbe un insulto ai nostri natali. Io voglio ricordare il Righetto scanzonato che voleva solo giocare con altri regazzini come lui, che rideva felice con la pizza allungata dalla fornara, che coreva a Fiume co' Sgrullarella. “Nun ce sta più na farfalla, l’aria via via se corompe, er monno è l’ultima palla che j’è arimasta da rompe...”. Tu, Righè, sei una farfalla, pura, rara. C’è una differenza tra te e noi. Ce piacevano le stesse semplici e romane cose, ma il meschino che è in ognuno di noi tu sei riuscito a spazzarlo con la tua panza su quella bomba. Io non voglio ricordarti come 'na farfalla, ma come 'na campana che sona a tutte l'ore. Devi sentì l'altra sera alla Romana Nuoto che rintocchi!