Il Sampietrone e la Roma artigiana che non vuole morire
Assistiamo con piacere – ma ne tratteremo in altre bloggate – al fenomeno per cui grandi brand mondiali della moda e del lusso decidono di “restituire” parte dei propri profitti alla collettività, finanziando il restauro di monumenti storici delle città d'arte più importanti al mondo. Questo fenomeno di delega della cura delle nostre gemme più preziose ad un privato generoso, però, dovrebbe spingere il pubblico, e nel caso specifico l'amministrazione capitolina, ad essere particolarmente sensibile alla tutela delle tradizioni, e delle identità specifiche di un territorio vastissimo. L'artigianato romano, agnello sacrificale degli effetti peggiori delle dinamiche della globalizzazione, è una di quelle aggregazioni sociali che andrebbe tutelata non solo in quanto insieme di piccole e medie attività economiche, ma anche in quanto scrigni di cultura e tradizione familiare. Anche perché i pionieri delle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri - che affondano le radici addirittura nell'Antica Roma - concorsero non poco alla determinazione dei vari eventi che caratterizzarono grandemente il volto e la stessa urbanistica della Capitale. Le Corporazioni cercarono di riunire i singoli associati nelle stesse vie/piazze/zone per consentirne una maggiore individuazione da parte dei potenziali clienti/fornitori ma anche per controllare il rispetto delle regole di ogni singolo mestiere e arte. A Roma, le Corporazioni si stabilirono vicino al Tevere per la comodità dei commerci e per l'uso che molte delle lavorazioni richiedevano dell'acqua ed in particolare occupavano vie e piazze dei Rioni Regola, San Eustachio, Parione e Pigna dove ancor oggi si ritrovano i nomi delle vie/piazze che li individuano. Infatti, seppur profanate da cineserie e suk di ogni tipo, resistono gli echi delle memorie dei Catinari, Vascellari, Giubbonari, Ombrellari, Canestrari, Leutari, Staderari, Balestrieri, Librai, Barbieri, Chiavari e chissà quante ne scordo. Ma che succede? L'eco si fa sempre più forte. Mi state dicendo che non tutto è perduto? Stando a quanto visto e sentito all'evento “ Il valore delle idee Sotto/Sopra - dal sampietrino al sampietrone”, svoltosi martedì scorso nella splendida cornice dell'Aranciera di San Sisto e conclusosi con la donazione alla Città di Roma del primo Sampietrone della storia romana – ad opera dell'inventore artigiano Marco Duranti – diremmo proprio che la speranza non è mai morta e che c'è un corpo sociale vivo e voglioso di incidere in questa città nonostante tutti i problemi del caso. Varie le realtà protagoniste della manifestazione, tutte entrate in relazione attiva tra di loro grazie al portale “Roma Artigiana & Creativa”, molti i contributi concreti volti a far ripartire l'interesse verso i saperi e le competenze della tradizione e a rigenerare l'economia della creatività, in particolare attraverso la sinergica valorizzazione dei “brand territoriali”. Artigiani, creativi, designers, docenti, studenti e cittadini: una platea rappresentativa dei cuori pulsanti di una riscossa civica e tradizionale che si avvale di elementi progettuali tecnologici, in modo da creare una rete capace di operare in questa Roma (mal) digitalizzata - ovviamente senza il suo consenso - e bisognosa di affidarsi ai suoi figli più volenterosi.