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La banda del buco si perde nella fogna. Arnesi trovati in un tunnel sul Tevere

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Augusto Parboni
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La banda del buco stavolta ha fatto un buco nell’acqua. Aveva preparato tutto, il piano era pronto, doveva solo entrare in azione. Era infatti riuscita a entrare in un tunnel di accesso al collettore fognario del centro storico, dalla banchina del Tevere, all’altezza di lungotevere di Vallati. Qui aveva lasciato tutto il materiale utile per iniziare a scavare. Non solo. Si era anche preparata alla fuga: aveva portato con sé un canotto gonfiabile con il quale poi scappare sul fiume. Ma il colpo è stato sventato, la banda infatti non ha avuto il tempo di entrare in azione per mettere a segno la rapina poiché il personale della società Acea, impegnato in una normale attività di manutenzione, nel tunnel sulla banchina del Tevere ha trovato una serie di arnesi che non hanno nulla a che fare con la loro attività.

I dipendenti dell’Acea hanno quindi subito allertato i carabinieri, coordinati dal tenente colonnello Giuseppe Nardò, comandante del Nucleo Radiomobile, che una volta entrati nel tunnel di accesso al collettore, hanno trovato e sequestrato due pompe idrauliche, un palanchino, attrezzi da scasso e da scavo, una mazzetta da carpentiere, una tronchese, una cazzuola, due torce, tre paia di guanti per uso professinale, olio lubrificante e un canotto gonfiabile per la navigazione. Quest’ultimo, secondo gli investigatori, per scappare sul Tevere dopo aver effttuato il colpo. Ma la fuga sull’acqua si è trasformata in un «buco» nell’acqua per i rapinatori.

Il materiale della banda era nascosto sotto alcuni pannelli di acciaio che si trovano sulla banchina del Tevere, all’altezza di via Giulia, all’incrocio con via dei Pettinati, proprio sotto ponte Sisto. Dalla parte opposta dall’ingresso del tunnel che parte dal lungotevere, ci sono diverse attività commericiali che potevano essere l’obiettivo dei malviventi: una galleria d’arte, una gioielleria, le sedi di diverse associazioni e una bigiotteria artigianale.
«Abbiamo visto i carabinieri che stavano facendo controlli sulla sponda del Tevere - raccontano dalla galleria d’arte - da noi non si sono presentati, ma abbiamo capito che era successo qualcosa».

Per ora l’unica certezza degli investigatori è quella che gli arnesi sequestrati servivano a una banda, di almeno tre persone, per effettuare un reato predatorio nelle vicinanze. Adesso all’esame degli investigatori ci sono, tra l’altro, le telecamere che si trovano in quel tratto di lungotevere e quelle dei numerosi esercizi commerciali per tentare di risalire alla banda che era pronta a entrare in azione. Sul caso è stata già inviata un’informativa in procura che adesso disporrà una serie di accertamenti, anche tecnici, per dare un nome e un volto a chi voleva entrare dal tunnel del Tevere e scappare con il canotto gonfiale sfruttando la corrente dell’acqua del fiume.
 

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