IL CUPPOLONE

Roma, l’ombra della Mafia su Giubileo e Pnrr. “Le ‘ndrine puntano a bar e locali”

Damiana Verucci

La mafia e la criminalità organizzata puntano a Roma nell’anno del Giubileo e, soprattutto, del Pnrr, che vuol dire fondi subito disponibili che fanno gola a chi vive di illeciti. Gli appalti sono infatti spesso terreno fertile per i malavitosi così come lo sono ristoranti, bar ed esercizi di somministrazione in generale, ma anche sale gioco e compro oro. Un convegno organizzato ieri in Camera di commercio sulle politiche per il contrasto alla criminalità organizzata ha fatto il punto sul fenomeno che interessa la Capitale, non tanto come controllo del territorio, come invece accade ad esempio in Campania o in Calabria o ancora in Sicilia, ma dei suoi settori economici più importanti, in primis la ristorazione e poi il turismo e i servizi. Da qui la nascita di un Osservatorio camerale che può dire tanto sul fenomeno.

 

  

 

A cominciare dalla differenza importante tra il primo e il secondo anno di Covid, indice proprio dell’interesse di mafia e camorra per i comparti produttivi della nostra città. Perché nel primo anno della pandemia, ha spiegato il presidente dell’Osservatorio, Guglielmo Muntoni, «c’è stato un crollo delle operazioni societarie di oltre il 20 per cento, fatto che ci spingeva a pensare che nel secondo anno ci sarebbe stato un ulteriore tracollo». E invece è accaduto proprio il contrario. «C’è stato infatti un afflusso di denaro, pari a decine di miliardi di euro, che non solo ha fatto recuperare quella perdita, ma è stato superiore ai tempi prima del Covid». Una buona notizia? Decisamente no, perché il sospetto più che fondato per gli esperti è che gran parte di quel denaro sia di provenienza illecita, visto tra l’altro che nel resto del Paese la liquidità crollava. Non è un caso, poi, che negli ultimi anni si siano registrati a Roma più del 32% dei cambi di società; secondo il colonnello della Guardia di finanza, Marco Sorrentino, un dato che deve quantomeno prevedere altre verifiche. Come a dire, se un imprenditore agricolo diventa improvvisamente un ristoratore, o chiude e apre la propria società più volte, deve essere controllato meglio.

 

 

Ma quali sono le mafie nella Capitale e a cosa puntano? Non al controllo del territorio, come dicevamo. Il prefetto di Roma, Lamberto Giannini, precisa che le diverse mafie convivono tra loro in modo abbastanza pacifico spartendosi le attività. «C’è la ’ndrangheta ma anche la mafia e la camorra che in questa fase stanno facendo affari. Indubbiamente il business più grande proviene da traffico di sostanze stupefacenti e spaccio, ma anche il riciclo del denaro sporco». Da maggio dello scorso anno a oggi «sono state eseguite 44 interdittive antimafia a Roma», ha aggiunto Giannini, nell’ambito delle attività di contrasto alle infiltrazioni criminali nelle imprese locali. C’è poi la mafia straniera. «Nella Capitale - ancora il prefetto - si è registrata una forte crescita di soggetti, in alcuni ambiti connessi alla tifoseria organizzata, ultras, provenienti dall’Albania che man mano si sono dimostrati aggressivi e hanno messo su delle attività». E poi c’è la mafia cinese, che spesso «serve» ad altre mafie bisognose di riciclare denaro sporco. Ma anche mafie africane e nigeriane, che vanno a incidere su reati come la prostituzione o lo sfruttamento in generale, dove vengono perpetrate violenze importanti. La soluzione? Controllo del territorio, certo, e poi coordinamento con la Camera di commercio, «che può fare molto per contrastare il fenomeno», ha sottolineato il presidente Tagliavanti, e corsi di formazione per i piccoli imprenditori, che spesso non sanno come muoversi e si rivolgono a persone poco esperte e non professionali.