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Incendi, piromani invisibili e Gualtieri grida al dolo: è l'eterno scaricabarile

Augusto Parboni e Martina Zanchi
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Se per Maradona ai Mondiali del 1986 era stata «la mano di Dio», per il sindaco Gualtieri dietro ai roghi di quest’estate «c’è la mano dell’uomo». Secondo il primo cittadino gli incendi di mercoledì a Torre Spaccata e Castel Romano «presentano caratteristiche che lasciano pensare al dolo» e ipotizza che anche quelli di Ponte Mammolo e Monte Mario possano essere stati accesi volontariamente, pur ammettendo che potrebbe essere anche colpa del «cambiamento climatico», anche se, come nel caso di Monte Mario «entrano in campo anche altri problemi endemici, come lo sversamento illegale di rifiuti e gli insediamenti abusivi». Come se queste fossero cause secondarie rispetto al «piromane» di turno o all’innalzamento della temperatura terrestre. Poco importa, per il primo cittadino, che la Capitale abbia battuto il record nazionale dei roghi scoppiati questa estate. Sterpaglie, rifugi di fortuna, discariche abusive vengono messe in secondo piano in nome del più classico scaricabarile. A questo poi si aggiunge l’altrettanto tradizionale richiesta di soldi al governo. La exit strategy ormai è consolidata: basta puntare il dito su piazzale Clodio e tutto torna come prima.

 

E del resto, anche sull’ultimo, drammatico incendio di Torre Spaccata di mercoledì la macchina della magistratura si è subito attivata ipotizzando - appunto - incendio doloso e lesioni gravissime. Il primo reato è lo stesso che era stato preso in esame dalla procura anche due anni fa, esattamente nel luglio del 2022, quando, proprio a poca distanza dall’ultimo rogo, erano stati completamente distrutti 14 autodemolitori lungo via Togliatti. A distanza di 25 mesi il responsabile non è stato ancora identificato. E non è l’unico caso in cui le inchieste non hanno portato all’identificazione dei presunti piromani.

 

 

Un altro caso, infatti, è quello degli incendi ai Tmb Ama di Rocca Cencia e Salario. A giugno 2020, infatti, la magistratura ha chiesto l’archiviazione dei due fascicoli sugli impianti di trattamento meccanico biologico. È lunga la lista di inchieste aperte per i roghi che sarebbero stati appiccati dalla mano dell’uomo. Ma per ora nessun piromane è stato ancora individuato e processato. Si tratta di accertamenti tecnici complessi, quelli che la magistratura porta avanti per dare un nome e un cognome a chi fa divampare le fiamme nella Capitale. Tra le tante indagini in corso, anche quella sull’incendio scoppiato a Monte Mario, che ha lambito alcuni palazzi. Oppure quello che ha distrutto ettari nel Parco del Pineto a luglio 2022.

 

Anche in quel caso fu ipotizzato l’incendio doloso: le fiamme partirono da Pineta Sacchetti e si propagarono fino alla Balduina, tanto che i soccorsi dovettero far evacuare alcuni palazzi. Nell’elenco di incendi che hanno bruciato la Città eterna pure quello divampato a Massimina, a due passi dal campo nomadi, dove a giugno 2022 le fiamme partirono dalle sterpaglie e poi arrivarono fino a un rimessaggio di camper sull’Aurelia. In quell’occasione esplosero 50 bombole di gpl in dotazione ai mezzi. Tornando a quest’estate, che ha messo a dura prova la macchina dei soccorsi, tra vigili del fuoco e Protezione civile, a fine luglio è scoppiato un altro incendio a Ponte Mammolo. In quel caso il reato ipotizzato era stato invece incendio colposo. Ma anche aprendo fascicoli, contestando il dolo, alla sbarra non è finito nessun piromane. 

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