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Roma, “non accettava la separazione”. Il racconto del femminicidio a Fonte Nuova

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Ha aspettato che uscisse dalla clinica veterinaria dove era andata a ritirare la ricetta per un antiparassitario. Amava gli animali, Annarita Morelli. Per questo accudiva i gatti del vicinato, dava loro da mangiare e li curava, laddove necessario. Questa mattina si è presentata nella struttura dove era conosciuta e stimata. È andata presto, intorno alle 8, prima di sbrigare qualche lavoretto e dedicarsi finalmente ai nipotini. Ad aspettarla, alla fine della stradina sterrata che sbuca su via Palombarese, il marito. Domenico Ossoli, 74 anni, per 40 suo compagno di vita e padre dei suoi tre figli maschi, ha riconosciuto subito la Panda rossa. Pistola in pugno, detenuta legalmente grazie alla sua passione per la caccia, ha fatto fuoco centrando al fianco sinistro Annarita, che non ha fatto nemmeno in tempo a fuggire, accasciandosi al volante della sua auto.

 

 

Prima ancora che gli inquilini delle palazzine che delimitano la piazzetta potessero sobbalzare allo sparo, il pensionato ex autista di autobus, si è affacciato al bar tabacchi in strada. «Ho ucciso mia moglie. Chiamate i carabinieri», ha detto al titolare al bancone come racconta l’Adnkronos. Lo stesso che, corso fuori, incredulo, si è ritrovato davanti agli occhi la scena terribile preannunciata dall’autore. Sono le 8.30 ormai, a Fonte Nuova, piccolo comune a Nord Est di Roma. I carabinieri di Mentana si precipitano a sirene spiegate e trovano lì ad aspettarli Ossoli. È lui a consegnargli l’arma, prima di raccontare l’ultimo capitolo di una famiglia nella caserma chiusa da un portone. Sul posto, intanto, si precipita prima il fratello della donna, Giancarlo, che lavora nel reparto di salumeria del supermercato a pochi passi e trova la sorella ormai senza vita. Poi corre uno dei tre figli, sorretto dalla moglie. Sono sotto choc, hanno gli occhi terrorizzati, non parlano, piangono, si guardano increduli mentre un carroattrezzi porta via la Panda con il vetro coperto con un telo, per oscurare l’abitacolo imbrattato di sangue.

 

 

I motivi dell’omicidio sarebbero da ricondurre alla causa di separazione avviata con una prima udienza a marzo scorso. Era stata proprio Annarita a trovare il coraggio di riprendere in mano la sua vita. «Troppi i tradimenti subiti - ha detto un’amica della vittima e inquilina dello stesso palazzo dove la 72enne viveva ormai sola col figlio più piccolo -. Lui aveva provato a farla tornare sui suoi passi, ma Annarita aveva trovato il suo equilibrio. Da quando il marito se n’era andato di casa, si era messa a fare dei lavoretti per arrotondare i 300 euro che lui le dava al mese. Non voleva pesare, né chiedere nulla. E così andava a casa della gente a fare i mestieri, dava una mano alle nuore coi bambini mentre lavoravano». E proprio quei lavoretti che la vittima aveva trovato, per far fronte alle spese ormai sola, a Domenico pare non andassero molto giù. «Quando l’ho incontrato l’ultima volta, sabato mattina, insisteva perché Annarita ritirasse la causa di separazione, che non le avrebbe più dato i soldi», lo ha raccontato, ancora all’Adnkronos, anche il dipendente di una auto officina accanto al palazzo a Tor Lupara, dove per 40 anni Annarita Morelli e Domenico Ossoli avevano vissuto con i loro tre figli. «Più volte, ultimamente, mi diceva che i giochi erano finiti, rubinetti chiusi, cose di questo tipo. ’Non le do più una lira’ ripeteva spesso. Ma mai, mai, frasi violente che potessero farci immaginare un epilogo tanto crudele».

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