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La violenza choc di Roma: "Mi ha manipolata, è stato un incubo"

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Maria Elena Marsico
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Aveva detto di voler raggiungere il Raccordo, direzione Eur, e di avere bisogno di aiuto, Simone Borgese, 39 anni, quando ha tratto in inganno una studentessa di 26 anni per poi violentarla. «Il suo arresto è stata una liberazione», ha raccontato la ragazza. Era l’8 maggio quando, intorno alle 15, l’uomo si è accostato alla ragazza a bordo della sua Multipla grigia, per chiedere indicazioni alla vittima. Nella stessa data, nel 2015, Borgese violentò una tassista e per questo era stato condannato a sette anni. Ancora prima, nel 2014, aveva abusato di una minorenne in un ascensore.

Il mese scorso si trovava in zona Magliana quando si è avvicinato alla giovane per chiederle indicazioni stradali. «Aiuto sempre le persone in difficoltà», ha spiegato la studentessa. E per questo ha aperto Google Maps per indicargli la direzione giusta. A quel punto il suo aggressore le ha mostrato il telefono scarico e l’ha invitata a salire in auto. Dopo aver rifiutato più volte, la ragazza presa dall’ansia - anche per la coda di veicoli che si era formata - e dai sensi di colpa, che iniziava ad avere a causa dell’atteggiamento manipolatorio di Borgese, ha accettato di salire. Arrivati davanti alla fermata Magliana – dove la giovane avrebbe dovuto prendere il treno- l’uomo ha detto alla vittima di aspettare il mezzo alla prossima fermata.

«Ero pietrificata, non reagivo più», ha raccontato la studentessa. Aveva capito tutto. La situazione a quel punto è precipitata sempre più. L’aggressore le ha prima preso il telefono, ha provato a chiamare qualcuno che non ha risposto e poi l’ha ricattata prima di portarla in una strada chiusa e senza uscita dove sono continuate le violenze. «È stato un incubo, non sapevo come uscire da quella macchina», ha raccontato. Quando l’uomo l’ha fatta scendere dall’auto la giovane, in difficoltà, è arrivata alla stazione di Villa Bonelli dove è stata aiutata prima da una ragazza e poi sul treno da altre due. Insieme l’hanno accompagnata in questura a denunciare.

Dopo due giorni, lo ha raccontato ai genitori che abitano altrove. La studentessa, infatti, vive a Roma dove frequenta l’università e per pagarsi gli studi lavora in zona Magliana. Non ha raccontato subito ai familiari delle violenze subite perché si sentiva in colpa, aveva paura di essere giudicata. Al contrario, tutti sono stati solidali con lei. «Non mi sono pentita di aver denunciato – ha raccontato – perché era la cosa più giusta da fare».

La vittima ricorda quei giorni come il periodo più buio della sua vita, quando chiude gli occhi continua a vedere il suo aggressore.
Aveva paura che non lo trovassero ma grazie alle immagini delle videocamere di sorveglianza i poliziotti del commissariato San Giovanni sono riusciti a risalire alla targa di Borgese e a rintracciarlo. Si trovava a casa di suo madre quando è stato fermato. La ragazza rivolge, dunque, un appello a tutte le ragazze che hanno subito abusi, invita a non avere paura e a denunciare.

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