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Roma, incendio a San Martino ai Monti. Fiamme sul giaciglio sotto la chiesa

Susanna Novelli
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Nella tarda mattinata si sente ancora l’odore acre del fumo. Sotto le scale, all’interno della recinzione, della parte posteriore della Basilica di San Martino ai Monti, all’angolo con via Equizia e l’omonima piazza dove troneggia la torre medioevale, rifiuti, vestiti, valige distrutti o anneriti dal fuoco. C’è persino uno stendino con una sedia rimasti intatti. Questo è quel resta del rogo che all’alba di ieri è divampato improvvisamente senza provocare feriti o dilagare fino alle auto in sosta lì vicino. Secondo le prime indiscrezioni si tratterebbe di un incendio doloso. Un’immagine quella scattata ieri che non sorprende residenti e commercianti di un quadrante tra i più importanti della Capitale e tra i più degradati. Ignorate le decine di segnalazioni di chi ogni giorno si trova a combattere con senzatetto, immigrati, sbandati di ogni tipo, con bisogni di ogni natura tra le auto e sui marciapiedi e spesso vittime o testimoni di aggressioni soprattutto verbali contro chi si "permette" di rimproverare chi sta sporcando o usurpando il cosiddetto «bene pubblico», quello per intenderci che i cittadini mantengono pagando tasse e tributi tra i più alti d’Italia senza avere, di ritorno, la benché minima garanzia di poter vivere o lavorare in un luogo decoroso e sicuro.

Sin troppe volte proprio da questo giornale si sono sollevate denunce e perplessità sull’esistenza di mense, ricoveri e docce per poveri e immigrati in un raggio di un paio di chilometri, ovvero tra la Stazione Termini con la mensa Caritas di via Marsala, quella di via Paolina e quella di via delle Sette Sale, a Colle Oppio. Poco prima San Martino ai Monti, appunto, dove si svolge il servizio doccia. Circostanza questa che ha trasformato l’asse Termini-Colosseo in una favela a cielo aperto, nonostante la presenza e il passaggio, tra gli altri, di migliaia di turisti. Ignorate le proposte di decentrare i servizi per poveri e senza fissa dimora, unico strumento per alleggerire una pressione sociale che si fa sempre più pericolosa. Una scelta ideologica che tuttavia non ha sbocchi perché da una parte esasperai cittadini dall’altra tiene al bivacco decine di persone, condannandole alla delinquenza, nonostante la maggior parte di loro è giovane e in grado di integrarsi, se solo ci fossero progetti concreti. Dare un pasto può forse lavare la coscienza di qualcuno ma indicare questa come unica soluzione è un fallimento del quale prima o poi la politica dovrà rispondere. E l’incendio doloso nella Basilica di San Martino ai Monti è solo l’ultimo grido d’allarme di questo irrefrenabile declino sociale.

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