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Regione Lazio, la Corte dei Conti inguaia Zingaretti: "Cittadini tartassati e disastrati"

Antonio Sbraga
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I più tartassati, però con i conti ancora disastrati e i servizi sempre più rimaneggiati. Sono i malcapitati cittadini del Lazio che, nonostante paghino da anni l’addizionale Irpef più alta d’Italia, da altrettanto tempo vedono i bilanci della Regione nel caos contabile, sempre più tagliati come i servizi pubblici che vengono erogati a scartamento ridotto. Perché solo una cosa è cresciuta in questi ultimi anni nel Lazio: la spesa per i «costi della politica», così definisce il conto per il «personale impiegato negli uffici di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politica» nella precedente legislatura regionale la Corte dei Conti. I magistrati contabili hanno ora pubblicato sia il completo «Giudizio di parificazione sul Rendiconto generale della Regione Lazio per l’esercizio finanziario 2022» che l’allegata relazione. Due tomi di quasi mille pagine per cercare di fare finalmente luce su quella che già nell’udienza del settembre scorso ha definito una «situazione contabile a dir poco nebulosa», con il rischio di un «duplice danno per le finanze regionali».

 

 

Perché, si legge ora nella Relazione, «all’esito del complessivo esame della gestione finanziaria regionale per l’esercizio 2022, sono emerse irregolarità ed illegittimità ad "effetto diretto" sul perimetro di parificazione dello schema di rendiconto all’esame, nonché criticità di gestione suscettibili di pregiudicare la tenuta, anche prospettica, degli equilibri di bilancio», avvertono i magistrati contabili. A partire dalla grande zavorra che la Regione (ora guidata da Francesco Rocca e in precedenza da Nicola Zingaretti) si trascina oramai da anni e che peserà per almeno un altro quarto di secolo: lo stock del debito. Pari «a circa 28,1 miliardi, di cui 22,3 per debiti da finanziamento che graveranno per i successivi 25 anni sul bilancio regionale, con un onere annuo medio complessivo di oltre un miliardo». Una mole debitoria talmente gravosa che mette a rischio le casse laziali e i principali servizi che finanziano: sanità e trasporti. Perché, avverte la Corte dei Conti, «le criticità evidenziate nel sistema di gestione anche contabile del bilancio regionale sono suscettibili di incidere, pregiudicandola, sull’effettiva capacità di spesa dell’Ente e, quindi, sulla possibilità di soddisfare in concreto i bisogni della collettività amministrata».

 

 

I magistrati hanno stilato ben 10 punti di gravi criticità rilevate, chiedendo alla Regione di apportare subito i correttivi necessari: «Non si ritiene più procrastinabile un’attenta ed effettiva attività di individuazione e quantificazione della reale consistenza della massa attiva e passiva del bilancio e dei fattori, anche solo potenzialmente, perturbanti la tenuta sostanziale degli equilibri di bilancio». Già questa parifica, infatti, è stata approvata «con riserva», perché è stato ravvisato dai contabili un «importo 170.927.484 euro di maggiore disavanzo». Un extra-deficit dovuto essenzialmente a 3 criticità: la più grande riguarda i residui passivi perenti (ossia i debiti non reclamati dai vari enti e dal sistema sanitario), la cui copertura risulta inferiore per circa 95 milioni di euro. Una somma che è stata ora ripianata insieme ai 45 milioni di euro per i fondi di dotazione negativi, ovvero la parte del debito del sistema sanitario regionale che doveva essere coperta con la manovra fiscale aggiuntiva. La terza criticità riguarda i 31 milioni per l’Ater di Roma, collegati alla mancata vendita della sede aziendale. Ma la Corte chiede anche di porre rimedio al mancato rispetto delle tempistiche, alla progressiva erosione di cassa, alla non univocità delle spese del personale, all’inattendibilità del bilancio consolidato del servizio sanitario, alle anomalie nel sistema di gestione dei finanziamenti sanitari (assegnato a LazioCrea), alla mancanza di un sistema di monitoraggio delle entrate e delle spese vincolate e agli eccessi di previsioni rispetto ad accertamenti e riscossioni. Oltre che limitare questo «strutturale ricorso alle maggiorazioni fiscali» che, oltre al danno dei cittadini più tartassati d’Italia, aggiunge la beffa di bilanci disastrati e servizi sempre più amputati.

 

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