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Regione Lazio, Zingaretti ci lascia in eredità l'Irpef più alta: la batosta

Antonio Sbraga
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«Dica 3,33». L’addizionale regionale dell’imposta sui redditi Irpef nel 2024 ritornerà all’aliquota massima, al 3,33% appunto, com’è stato fino al 2021. È stata per ora cancellata, infatti, la riduzione dell’1,6% che era stata concessa negli ultimi 2 anni ai percettori di redditi compresi nella fascia tra i 15mila e i 35mila euro, su cui era stata applicata un’aliquota-light dell’1,73% (anziché quella intera del 3,33%). Un ritorno al passato per un milione e 662 mila contribuenti laziali che la Regione imputa alla necessità di dover ripianare i nuovi debiti milionari della sanità laziale, come hanno spiegato il governatore, Francesco Rocca, e l’assessore al Bilancio, Giancarlo Righini, nella lettera inviata ieri al prefetto di Roma, Lamberto Giannini. Nella missiva, infatti, sono stati spiegati «i motivi che hanno portato all’impossibilità di rifinanziare, nel Bilancio 2023, il fondo per la riduzione fiscale». Ossia proprio quel fondo-taglia tasse «di oltre 300 milioni di euro». Protesta il segretario della Cgil di Roma e del Lazio, Natale Di Cola, che così quantifica le conseguenze dirette che il prossimo anno peseranno sulle tasche dei contribuenti laziali: «La scelta di non rifinanziare il fondo produrrà un aumento, fino a 320 euro, dell’addizionale per quasi due milioni di lavoratori e pensionati del Lazio, che per una famiglia si traduce in una stangata che può raggiungere i 640 euro».

 

 

Ma Rocca e Righini hanno spiegato al prefetto Giannini come «la Regione, sulla quale grava una mole di 22,3 miliardi di euro di debiti finanziari, in questi primi mesi di governo abbia dovuto risanare un disavanzo sanitario di 218 milioni, e un ulteriore aggravamento dei conti a seguito della parifica del Rendiconto 2022, la quale ha peggiorato il risultato di amministrazione di 170 milioni e censurato operazioni, parificandole con riserva, per ulteriori 103 milioni, per un totale di oltre 270 milioni». Però lo stop al fondo-taglia tasse durerà poco: il governatore e l’assessore nella lettera al prefetto hanno assicurato «nella programmazione 2024 di rifinanziare il fondo per la riduzione della pressione fiscale, ovviamente nei limiti delle risorse effettivamente disponibili, alleggerendo il carico fiscale delle famiglie più bisognose e delle imprese. A tal fine entro il mese di aprile 2024 dovrà essere definita la manovra fiscale per il medesimo esercizio, in modo da coordinare le politiche fiscali regionali con le modifiche intervenute a livello nazionale». Ma non basta per la Cgil a compensare le attuali «scelte socialmente ingiuste e non progressive, che renderanno i cittadini del Lazio i più tassati d’Italia», avverte Di Cola. Secondo il sindacato, infatti, quel «fondo taglia tasse ha consentito nel 2023 di applicare l’aliquota dell’1,73 per cento di addizionale regionale all’Irpef per i redditi tra i 15mila euro e i 35 mila anziché l’aliquota del 3,33 per cento, e un’indennità una tantum di 300 euro per i redditi fino a 40.000 euro per compensare il caro bollette». Per questi motivi la Cgil minaccia un autunno ancor più caldo: «Non resteremo fermi davanti a chi mette le mani in tasca ai lavoratori e ai pensionati che già stanno pagando il prezzo della crisi».

 

 

Però le organizzazioni confederali si sono divise e la Regione, dopo l’«accordo proposto ai rappresentanti delle associazioni sindacali e al momento già sottoscritto dalla Cisl», va avanti. Per il segretario della Cisl Lazio, Enrico Coppotelli, «il nostro obiettivo è quello di avanzare già dal mese di gennaio 2024, quando si aprirà il confronto sulla base delle risorse disponibili, proposte per trovare soluzioni percorribili e sostenibili. Questo è il momento della responsabilità e non della polemica sterile. Con l’Accordo - conclude Coppotelli - la Giunta Rocca si impegna ad adottare in legge regionale di bilancio per l’anno 2024 al finanziamento del Fondo per la pressione fiscale, con l’obiettivo di dare priorità alla riduzione dell’addizionale regionale dell’Irpef per i redditi più bassi».

 

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