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Roma, parte il piano per i campi rom dopo l'insuccesso del M5S

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Martina Zanchi
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Quasi tredici milioni per chiudere sei campi nomadi e assistere gli abitanti fornendo anche alloggi sostitutivi. Parte con il bando pubblicato venerdì dal dipartimento Politiche sociali, e volto a individuare un operatore che per un corrispettivo di 135mila euro valuterà l'«impatto sociale» del Piano approvato in giunta, la strategia con cui Roma Capitale tenta di ripercorrere la strada della chiusura dei villaggi. Si tratta del primo atto operativo messo in campo dopo l'approvazione del documento programmatico di cui fanno parte anche i sei avvisi pubblici, uno per ciascun insediamento, che riguardano Candoni, Salviati, Lombroso, Castel Romano, Gordiani e Salone. Servire quindi un ente terzo che valuta il funzionamento delle misure previste dal Campidoglio. 

 

 

D'altra parte non si vuole ripetere l'esperienza del fu «Piano rom» della giunta di Virginia Raggi che si è conclusa, dopo cinque anni, con un sostanziale insuccesso. Solo 79 i «patti di responsabilità» firmati dai nomadi su settemila colloqui svolti. Non solo: gli unici due villaggi chiusi- ovvero Monachina e La Barbuta, più una parte di Castel Romano - pesano ancora sulle casse pubbliche, visto che Roma Capitale continua a pagare per la sistemazione in co-housing degli sgomberati. Ora l'auspicio è che il nuovo Piano porti a risultati più concreti. Intanto si attende l'esito degli avvisi pubblici rivolti a enti del terzo settore interessato a collaborare con il Comune per il «superamento» dei villaggi, stipulando apposite convenzioni. Ma tra roghi tossici e lanci di sassi contro i bus Atac, come avviene dal campo di via Candoni, non fa ben sperare nella rapida chiusura il fatto che nel documento non ci sia un cronoprogramma chiaro su quali saranno chiusi e quando. Ad accelerare i tempi almeno su uno dei sei insediamentiovvero Lombroso, dove vivono 148 persone- è ancora una volta il Pnrr. L'area di via Vinci, infatti, è compresa nel piano integrato Santa Maria della Pietà a cui sono stati destinati 58 milioni, ma sul progetto incombe il possibile definanziamento.

 

 

Fatto che, se confermato, eliminerebbe la scadenza del 2026 e di conseguenza anche l'urgenza di svuotare il campo. Per gli altri cinque, invece, non c'è fretta. Nei primi tre annidi attuazione del Piano il «superamento» dei campi sarà disposto «con tempi diversi in ragione delle specificità». Seguirà «un'ulteriore programmazione degli interventi per il periodo 2027-2030».
Nel frattempo, grazie a 12,9 milioni di fondi europei, stanno per partire tutte le altre attività previste per l'«inclusione sociale» dei 2.261 abitanti censiti nei campi della Capitale e per la loro «autonomia abitativa». Gli avvisi scadono domani (tranne quello di Lombroso, il cui termine era il 4 settembre) e illustrano attività richieste e ambiti di intervento. Il primo, «accompagnamento e inclusione», include il supporto per i documenti, per la scolarizzazione l'avviamento al lavoro. Il secondo è il cosiddetto «housing», ovvero il passaggio dal campo a un nuovo alloggio. A questo proposito gli enti «potranno mettere a disposizione risorse immobiliari, pubbliche o private, di cui possedere o intendano acquisire la titolarità». Sono destinati all'«housing» dei nomadi poco più di sei milioni e saranno erogati, a fronte del rendiconto spese, direttamente all'ente «partner» di Roma Capitale.

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