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Epatite, allarme a Tivoli: pazienti contagiati in ospedale

Antonio Sbraga

Diversi casi di contagio da Epatite C sono stati riscontrati tra i pazienti oncologici che sono in cura presso il reparto di Oncologia dell’ospedale di Tivoli. Dove sono scattati i controlli interni, con il trasferimento dei pazienti risultati contagiati presso altre strutture sanitarie. Però gli esiti dell’indagine epidemiologica non hanno portato alla sospensione delle attività all’interno del reparto tiburtino. Nel quale ora «la situazione è sotto controllo», come assicura a «Il Tempo» la stessa direzione sanitaria dell’Asl Roma 5: «A seguito della presenza di alcuni casi di epatite C presso il reparto di oncologia di Tivoli nel mese di novmbre del 2022, l’Azienda, attraverso il Sisp, congiuntamente agli organi regionali e al Seresmi dello Spallanzani hanno immediatamente provveduto ad attivare i controlli interni come da procedura. I pazienti risultati positivi sono stati immediatamente inviati presso le strutture specializzate per la cura. Nulla ha fatto emergere la necessità della sospensione dei servizi che non sono stati mai interrotti. Dal primo dicembre ad oggi non sono emersi nuovi casi e si può affermare che la situazione è sotto controllo».

Ma la malattia infiammatoria del fegato, causata dal virus Hcv, non è di immediata individuazione: molto spesso, infatti, è di lieve entità e non causa disturbi, però tende a persistere nell’organismo, diventando cronica nel 50-80% delle persone infettate. Quindi i controlli vanno avanti nel nosocomio tiburtino perché i sintomi possono manifestarsi anche dopo diversi anni dal contagio, proprio a causa dello sviluppo di una malattia epatica cronica o di altre complicazioni in altri organi (le cosiddette manifestazioni extraepatiche dell’epatite C).

  

«Ad oggi abbiamo trattato più di 200mila persone affette dal virus dell’epatite C con epatopatia cronica: un grande successo perché nella quasi totalità di questi casi siamo riusciti a eradicare il virus. Tuttavia, ci sono almeno altre 200mila persone che non sanno di avere l’epatite cronica. Costituiscono quel sommerso che fa sì che queste persone possano avere in un futuro, più o meno prossimo, l’evoluzione della malattia. Ecco perché è necessario ampliare la platea da sottoporre agli appositi screening», ha avvertito il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali, nel corso del XXI Congresso nazionale Simit, tenuto nel novembre scorso a Roma.