Roma, furto milionario di diamanti: presi i finti compratori
Un raggiro milionario davanti agli occhi della gioielliera che credeva di vendergli i diamanti e non certo di essere derubata. Dopo quasi due mesi dal raggiro alla proprietaria di un negozio nel centro di Roma i professionisti delle truffe rip-deal e bitcoin pensavano di averla fatta franca ma non avevano fatto i conti con gli inquirenti che dopo settimane di indagini sono riusciti ad individuare la coppia di ladri. Secondo gli agenti della Polizia di Stato del I Distretto Trevi Campo Marzio sono loro ad avere messo a punto il furto di diamanti del valore di 1.346.000 euro: gli agenti hanno anche arrestato altre due per possesso di documenti falsi. Il furto era avvenuto nell'agosto scorso dopo due mesi di contatti telefonici con la vittima.
Tutto era cominciato a giugno, quando la vittima, gioielliera presso una società di Montecarlo, era stata contattata telefonicamente da un intermediario che spiegava di fare da tramite nell’acquisto di gioielli per conto di clienti esteri. Dopo la telefonata incontri di affari e cene, a Sanremo e Milano, dove gli intermediari e i compratori discutevano dell’acquisto di una partita di gioielli.
Il primo tentativo di scambio soldi-gioielli era avvenuto in un albergo della Città dei fiori a fine luglio e non era andato a buon fine, ma era di fatto servito per accreditare gli acquirenti agli occhi della vittima. Gli intermediari poi si erano rivisti con la vittima ad agosto, questa volta nel centro di Roma, in un lussuoso albergo prenotato dalla stessa gioielliera. Il compratore russo si era presentato con una donna che raccontava di essere “esperta di pietre preziose” e che avrebbe avuto proprio il compito di scegliere i gioielli da acquistare.
I due acquirenti interessati solo ai diamanti si erano accordati per l’acquisto di 5 pezzi per la cifra di 1.346.000 euro. Il piano era semplice: mentre il compratore russo aspettava al bar, esigeva dalla gioielliera di far salire la donna che l’aveva accompagnato presso la sua camera, al fine di verificare l’autenticità dei gioielli. Giunte in camera la venditrice posizionava i gioielli sul letto e la donna ne sceglieva 5 su 6, mettendo tutti i gioielli che aveva selezionato all’interno di alcuni sacchetti in velluto e successivamente li poneva nuovamente all’interno di un borsello color caramello avvolgendoli con del nastro da imballaggio, chiedendo alla gioielliera di prenderle una penna per siglare l’involucro. Cogliendo l’attimo di distrazione della vittima, la donna effettuava lo scambio dei borselli, riponendo al posto di quello contenente i gioielli veri, un altro contenente delle riproduzioni, e invitava la venditrice a riporlo all’interno della cassaforte presente in camera.
Subito dopo la gioielliera scendeva con la donna nella hall per raggiungere il compratore russo, che nel frattempo era uscito dall’albergo per andare a prendere un borsone di colore blu, contenente le banconote da 200 euro facendo credere alla vittima che fosse la garanzia in attesa di perfezionare le operazioni di pagamento, a seguito delle quali al loro rientro avrebbero ritirato i gioielli dalla cassaforte e contato le mazzette di banconote contenute nella borsa. Mentre i due uscivano dall’albergo però la vittima si accorgeva che le banconote erano false e i gioielli erano stati sostituiti con delle copie.
Gli investigatori del Distretto Trevi Campo Marzio, grazie ad un’attenta analisi del materiale a loro disposizione e con il prezioso contributo del personale specializzato della Polizia Scientifica della locale Questura, sono riusciti a identificare i due sospetti: una donna di origine romena di 28 anni ed un ragazzo croato 27enne.
Nella casa nel quartiere Balduina erano presenti anche altre 2 persone. Nel guardaroba scarpe e abito griffato, del valore di circa euro 3.000, indossati dalla donna all’interno dell’hotel durante il furto. In casa anche numerosi orologi di valore, vari gioielli e bracciali in oro tipo “tennis”, vario materiale utilizzato per le truffe rip-deal e truffe bitcoin, numerosissimi telefoni cellulari, schede telefoniche, computer portatili, varie mazzette di banconote da euro 200 con la dicitura fac-simile (circa 350.000 euro), timbri contraffatti e documenti d’identità falsi.