il progetto
Rinasce l'Acquario Romano, nuovo polo culturale per la città
È in bella vista dal 1887 nel cuore dell'Esquilino, in Piazza Manfredo Fanti, ma alzino la mano i romani che lo conoscono o che l'hanno visitato. È l'Acquario Romano, elegante e monumentale, impreziosito da un giardino davvero ben curato, un'autentica oasi a pochi passi dalla caotica Stazione Termini, in cui è possibile ammirare alcuni resti delle Mura Serviane (VI secolo a.C.), le più antiche di Roma, e in particolare alcune parti del cosiddetto «Aggere Tulliano», il tratto più fortificato: ad esso si addossano muri in opus reticulatum pertinenti ad una costruzione del I secolo a.C..
Ne viene fuori una miscela di architettura umbertina ed eclettica (l'edificio è composto da due elementi: un corpo cilindrico a base ellittica e un avancorpo con arco a nicchione a cui si accede mediante due rampe di scale), archeologia e creatività contemporanea che ha una grande potenzialità. All'ittiologo comasco Pietro Garganico, giunto a Roma negli anni '80 dell'Ottocento, si deve l'idea di costruire a Roma un acquario scientifico con annesso uno stabilimento di piscicultura.
E la delibera apposita del Consiglio Comunale del 1882 concesse a Garganico un'ampia area dell'Esquilino. L'edificio fu progettato da Ettore Bernich e messo in opera tra il 1885 e il 1887. Fino al 1894 erano ancora funzionanti le vasche con i pesci nella sala centrale, mentre questa e le gallerie, date in concessione temporanea, venivano utilizzate per mostre, concorsi, riunioni associative. Tra le diverse destinazioni si confermò dagli inizi del Novecento quella a sala teatrale e cinematografica, che convisse a partire dagli anni trenta con quella di magazzino del Governatorato e del Teatro dell'Opera.
L'intervento di restauro, condotto dalla Edilizia Monumentale e dalla Sovrintendenza Comunale tra il 1986 e il 1990, permise il recupero complessivo dell'architettura e delle belle decorazioni, tutte fondate sul tema dell'acqua. Riaperto nel 1993, l'Acquario ha vissuto fra alti e bassi, fra periodi di effervescenza culturale e mesi di abbandono. Nel 2003 l'edificio è diventato, per decisione dell'amministrazione capitolina, «Casa dell'Architettura», sotto la gestione dell'Ordine degli Architetti di Roma e a questo scopo fu creata la Società Acquario Romano S.r.L. , di cui è diventato amministratore unico da pochi mesi un manager dinamico come Remo Tagliacozzo, che sforna idee a getto continuo, come una «fontana» inesauribile (ci si passi il paragone visto che parliamo dell'Acquario).
«I due pilastri della nostra visione strategica - ci dice Tagliacozzo - sono la produzione culturale e l'innovazione sostenibile. L'inserimento dell'Acquario Romano nella Notte dei Musei, nella Festa della Musica, e le nostre manifestazioni "AcquarioLive" e "AcquAria" hanno segnato l'inizio di una nuova avventura fondata sulla partecipazione. Prima di tutto stiamo cercando di dare un'identità specifica a questo luogo, per trasformarlo in un Urban center "militante", un luogo di incontro dove gli attori delle trasformazioni territoriali possano incontrarsi e tornare a dialogare in convegni e seminari, a promuovere progetti, con particolare attenzione ai movimenti e alle associazioni dei quartieri. L'Acquario, in stretto dialogo con l'amministrazione capitolina, avrà una funzione fortemente sociale per il benessere delle persone, irradiandosi nel quartiere e in tutta Roma. Faremo solo eventi sostenibili e ci saranno spazi permanenti sia per i laboratori didattici che per le mostre, legate all'architettura, al design e alle arti applicate ma non solo: nel primo anello interno penso ad esempio a mostre di scultura che dialoghino con gli spazi creando nuove connessioni visive. L'Acquario sarà anche un incubatore per i giovani architetti e per le startup di ambito culturale».
La rinascita di questo edificio si aprirà anche alle nuove tecnologie, come ci spiega ancora Tagliacozzo: «realizzeremo una museizzazione digitale e l'Acquario avrà un proprio Metaverso, che permetterà di incrementare le fiere e le manifestazioni permanenti in modalità digitale, fruibili da un numero pressoché infinito di operatori anche esteri. Vorremmo diventare un polo culturale e scientifico di avanguardia. Inoltre non si può dimenticare che siamo a pochi metri dalla Stazione Termini che ha un flusso annuale di 150 milioni di viaggiatori e quindi costruiremo qualcosa di molto coinvolgente su questa vicinanza».