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Roma, Ater a rischio crac per i revisori scaduti: si teme il fallimento
Fibrillazione in casa Ater, dove le delibere approvate nell'ultimo mese potrebbero presto essere dichiarate nulle. Questo a seguito di una diffida protocollata il 29 agosto e firmata da Gianfranco Bafundi, uno dei componenti del Consiglio di amministrazione, che riguarda la scadenza del mandato del collegio dei Revisori avvenuta il 17 luglio. Gli atti varati dall'Ater di Roma, insomma, potrebbero essere oggetto di contestazione o persino di annullamento. Tra questi, i più importanti riguardano il bilancio dell'Azienda territoriale romana, che in città possiede e gestisce oltre 45mila case popolari, e la sua variazione, entrambi votati il 1 e il 4 agosto. Un vero e proprio terremoto che rischia di far saltare i già disastrati conti di un ente che registra oltre un miliardo di morosità. In uno degli atti approvati, il «contingency plan», è infatti contenuta la vendita della sede storica di Ater Roma, un elegante palazzo in lungotevere Tor di Nona di fronte a Castel Sant'Angelo, intorno alla quale ruota buona parte del piano di riassetto delle casse aziendali.
La trattativa avviata con l'Inail per 34 milioni di euro è oggetto di un braccio di ferro tra Regione Lazio (che è favorevole alla vendita e, anzi, la caldeggia), direzione di Ater e sindacati (che invece considerano la cessione non congrua a ripianare i conti) e l'ultima data fissata per portarla a termine - il 30 settembre - potrebbe a questo punto saltare. Il contenuto della diffida, che Il Tempo ha potuto visionare e che il consigliere Bafundi ha inviato all'intero Cda, al direttore generale Luca Manuelli, al vicepresidente del Consiglio regionale Marco Vincenzi e al presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, è potenzialmente esplosivo: si chiede infatti «l'immediata revoca delle delibere adottate a seguito dei Cda del 1 e 4 agosto 2022 e di tutti gli atti antecedenti e conseguenti». Non basta.
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Nella diffida del legale, il consigliere Bafundi denuncia che l'approvazione della variazione di bilancio («Forecast») del 4 agosto è addirittura priva della relazione dei Revisori, che pure è prevista dal regolamento aziendale. Un bel papocchio, insomma, che se confermato rischia di portare i libri contabili dell'Ater romana direttamente in tribunale, e con essi il piano di riassetto che, ricordiamo, oltre alla vendita della sede di rappresentanza prevede anche la cessione di decine di alloggi (tra i quali quelli di pregio, da Testaccio a San Saba fino al quartiere Trieste) per un incasso stimato di oltre 80 milioni di euro solo nel 2023. Nonostante le ripetute segnalazioni e richieste anche di un parere dell'Avvocatura aziendale sugli atti del Cda, afferma Bafundi, i vertici di Ater Roma sono andati avanti come se nulla fosse. Un'«indifferenza» sulla quale la formale diffida inviata lunedì scorso ha voluto mettere la parola fine.