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Incendio a Roma, nel mirino dei Pm mancati sfalci dell'erba e rifiuti non raccolti

Sigismondo Valente
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La Procura indaga per incendio doloso, ma tra l'ultimo grande rogo scoppiato sabato sulla Palmiro Togliatti e quelli precedenti potrebbe esserci un denominatore comune, l'incuria. Sotto la lente degli inquirenti, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi, il degrado imperante nelle periferie della Capitale.

Accertamenti saranno avviati sulla gestione del verde pubblico e sugli accumuli di rifiuti abbandonati ai lati delle strade e nelle aree verdi. Il mancato sfalcio dell'erba e le centinaia di mini-discariche costituiscono un acceleratore per gli incendi, che siano essi di natura dolosa o colposa. La magistratura, naturalmente, ora si concentrerà sulle aree dove sono avvenuti i maxi-roghi delle ultime settimane, da quello del 5 luglio scorso a Pineta Sacchetti fino a quello più devastante scoppiato a La Monachina il 27 giugno e che ha interessato anche un deposito di camper facendo piovere cenere perfino nel centro storico della città.
Quattro, in tutto, gli episodi incendiari sotto esame. Un bel po' di lavoro aspetta, insomma, gli inquirenti. E a piazzale Clodio si aspettano primi risultati già a stretto giro.

Per questo il procuratore Lo Voi ha deciso di creare una cabina di regia comune. Il via al «coordinamento spontaneo» tra tutte le forze dell'ordine per rendere più rapido ed efficace lo scambio di informazioni utili alle indagini è stato deciso ieri mattina nel corso di un vertice in Procura. Al momento, però, i pm capitolini hanno aperto singole indagini, con ipotesi dolose, ma non si esclude la possibilità di riunire i fascicoli d'inchiesta in un unico "faldone". Ed è stato sempre il procuratore Lo Voi a ridimensionare le ipotesi avanzate dalla politica e subito deflagrate sugli organi di stampa, in merito ad una «mano comune», ad un'«unica regia» che si celerebbe dietro la lunga sequenza di incendi a Roma. Si continua ad indagare a 360 gradi, non escludendo alcuna pista, ma al momento, dunque, non ci sarebbero elementi per ipotizzare collegamenti a possibili azioni della criminalità organizzata o con presunte «mafie» dei rifiuti.

Ieri l'assessore capitolino all'Ambiente ha inoltre ribadito che le fiamme partite dal parco di Centocelle si sono autoalimentate seguendo la linea dei rifiuti che ricoprivano l'area e permettendo all'incendio di raggiungere così gli autodemolitori sulla Togliatti. In questo caso si è trattato di una serie di mini-discariche, nascoste tra l'erba alta, risalenti addirittura al 2010, anno della chiusura del campo nomadi Casilino 900. Tonnellate e tonnellate di rifiuti di ogni tipo, soprattutto materiale plastico, che nessuno si è mai degnato di portare via nel corso dei 12 anni trascorsi dalla chiusura della baraccopoli ad oggi. E basta farsi un giro per le periferie, sempre più abbandonate, per capire che situazioni di incuria come quella che ha alimentato l'incendio a ridosso dei palazzi del popoloso quartiere Don Bosco, sono pericolosamente comuni. Per questo, stavolta, la Procura non può fare a meno di concentrarsi anche sulle responsabilità di chi, da anni a questa parte, ha fatto finto di non vedere montagne di immondizia.

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