Sull'inceneritore si rischia il bis dello stadio della Roma: 10 anni per il nulla
Un'odissea iniziata quasi 10 anni fa, risolta con un nulla di fatto e la delusione di migliaia di tifosi. La vicenda Stadio della Roma ha coinvolto tre sindaci, due proprietà diverse prima di essere affossata dalla burocrazia convincendo il club di Trigoria a dire basta, abbandonando un progetto diventato "di difficile esecuzione". Bisogna tornare a dicembre 2012 per risalire al primo annuncio legato all'impianto che sarebbe dovuto sorgere a Tor di Valle, quando il Campidoglio era in mano a Gianni Alemanno, nonostante la presentazione del plastico e del progetto realizzato da Dan Meis sia arrivata soltanto due anni dopo. A presenziare all'evento c'era Ignazio Marino, che insieme all'assessore Caudo era volato anche a Boston per incontrare il presidente Pallotta e studiare un piano che avrebbe portato alla città un miliardo di euro in investimenti privati. A complicare le cose però sono arrivati prima i due esposti presentati alla magistratura a dicembre 2014 - dal M5s e dal 'Comitato residenti Tor di Valle' - contestando la sicurezza dell'area e la cubatura di un progetto che prevedeva tre torri da costruire nel Business park.
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Nonostante le contestazioni, nel luglio 2015 lo Stadio della Roma passa all'esame della Regione Lazio per l'approvazione definitiva ma la relazione tecnica evidenzia carenze e in più, con la caduta della Giunta Marino, tutto si blocca. Dopo mesi di incontri con la sindaca Raggi - inizialmente contraria al progetto - un accordo di massima arriva il 24 febbraio 2017 alla fine di un vertice tra la Roma, il Campidoglio e il costruttore Parnasi. L'intesa prevede cubature dimezzate e l'eliminazione delle torri oltre alla riduzione del 60% del Business park. Nonostante l'ottimismo ostentato dalla sindaca e dal presidente giallorosso però, i passaggi per iniziare a costruire non sembrano avere fine.
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A mettere la pietra tombale sulle speranze della Roma e dei suoi tifosi è l'inchiesta che vede coinvolto anche Parnasi. Nel marzo 2019 inizia il processo legato alle presunte tangenti volte alla realizzazione della nuova casa giallorossa, che ha come imputati anche Parnasi e Luca Lanzalone. Nel frattempo iniziano le trattative per la cessione della Roma al Gruppo Friedkin: trattative proseguite a rilento a causa della pandemia, che hanno affossato ancor di più la speranza di veder realizzato lo stadio a Tor di Valle. L'ultima illusione arriva a novembre 2020 quando Raggi, alla vigilia delle elezioni, aveva promesso un regalo per i romanisti. Doni però non se ne sono visti e neanche buone notizie. Una situazione che ha portato all'esasperazione la Roma che, a febbraio 2021, ha definitivamente deciso di ritirarsi dal progetto in attesa di individuare un'area meno problematica dove realizzare la propria casa.
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