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Sull'inceneritore si rischia il bis dello stadio della Roma: 10 anni per il nulla

Emanuele Zotti
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Un'odissea iniziata quasi 10 anni fa, risolta con un nulla di fatto e la delusione di migliaia di tifosi. La vicenda Stadio della Roma ha coinvolto tre sindaci, due proprietà diverse prima di essere affossata dalla burocrazia convincendo il club di Trigoria a dire basta, abbandonando un progetto diventato "di difficile esecuzione". Bisogna tornare a dicembre 2012 per risalire al primo annuncio legato all'impianto che sarebbe dovuto sorgere a Tor di Valle, quando il Campidoglio era in mano a Gianni Alemanno, nonostante la presentazione del plastico e del progetto realizzato da Dan Meis sia arrivata soltanto due anni dopo. A presenziare all'evento c'era Ignazio Marino, che insieme all'assessore Caudo era volato anche a Boston per incontrare il presidente Pallotta e studiare un piano che avrebbe portato alla città un miliardo di euro in investimenti privati. A complicare le cose però sono arrivati prima i due esposti presentati alla magistratura a dicembre 2014 - dal M5s e dal 'Comitato residenti Tor di Valle' - contestando la sicurezza dell'area e la cubatura di un progetto che prevedeva tre torri da costruire nel Business park.

 

 

Nonostante le contestazioni, nel luglio 2015 lo Stadio della Roma passa all'esame della Regione Lazio per l'approvazione definitiva ma la relazione tecnica evidenzia carenze e in più, con la caduta della Giunta Marino, tutto si blocca. Dopo mesi di incontri con la sindaca Raggi - inizialmente contraria al progetto - un accordo di massima arriva il 24 febbraio 2017 alla fine di un vertice tra la Roma, il Campidoglio e il costruttore Parnasi. L'intesa prevede cubature dimezzate e l'eliminazione delle torri oltre alla riduzione del 60% del Business park. Nonostante l'ottimismo ostentato dalla sindaca e dal presidente giallorosso però, i passaggi per iniziare a costruire non sembrano avere fine.

 

 

A mettere la pietra tombale sulle speranze della Roma e dei suoi tifosi è l'inchiesta che vede coinvolto anche Parnasi. Nel marzo 2019 inizia il processo legato alle presunte tangenti volte alla realizzazione della nuova casa giallorossa, che ha come imputati anche Parnasi e Luca Lanzalone. Nel frattempo iniziano le trattative per la cessione della Roma al Gruppo Friedkin: trattative proseguite a rilento a causa della pandemia, che hanno affossato ancor di più la speranza di veder realizzato lo stadio a Tor di Valle. L'ultima illusione arriva a novembre 2020 quando Raggi, alla vigilia delle elezioni, aveva promesso un regalo per i romanisti. Doni però non se ne sono visti e neanche buone notizie. Una situazione che ha portato all'esasperazione la Roma che, a febbraio 2021, ha definitivamente deciso di ritirarsi dal progetto in attesa di individuare un'area meno problematica dove realizzare la propria casa.

 

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