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Sicurezza, ultimatum ad Atac: “I depositi dei bus sono fuori-legge”. 120 giorni di tempo per sistemare

Augusto Parboni
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Entro 4 mesi l’Atac deve mettere in sicurezza le rimesse degli autobus. È stata proprio la procura a fissare una serie di prescrizioni, notificate all’azienda dei trasporti, da rispettare entro 30 o 120 giorni. Questo perché, secondo gli accertamenti degli inquirenti, i depositi dove ogni giorno vengono parcheggiati migliaia di mezzi pubblici, non rispetterebbero una serie di misure di sicurezza legate soprattutto alla normativa antincendio. La differenza di tempi stabiliti dagli inquirenti dipende dallo stato in cui si trovano le rimesse: il tempo di 30 giorni si riferisce infatti a quelle con minor problemi, 120 giorni, invece, alle aree dove sarebbero state riscontrate maggiori problematiche. Nel caso in cui l’Azienda dei trasporti non dovesse rispettare la tempistica stabilita, la procura a quel punto avvierà procedimenti penali. I vigili del fuoco hanno effettuato infatti 3 ispezioni a febbraio nelle rimesse. Insomma, l’Atac è ancora una volta finita nel mirino della magistratura, che ha ricevuto nel tempo diverse relazioni dei vigili del fuoco sia sullo stato delle rimesse, sia sugli autobus che negli anni sono stati distrutti dalle fiamme.

 

 

L’Atac dovrà quindi mettere in sicurezza i depositi dove, tra l’altro, mancherebbero, secondo gli inquirenti, anche pezzi di ricambio per i mezzi danneggiati. Alcune criticità però sono state già sanate. A far emergere la situazione del parco autobus, tra l’altro, una relazione che fa riferimento alle indagini sui mezzi andati in fiamme nel 2019, anno in cui sono stati distrutti 20 bus. Secondo quanto messo nero su bianco e consegnato agli inquirenti, tra le cause che hanno provocato gli incendi ci sono i corti circuiti degli impianti elettrici, le avrie elettriche e agli equipaggiamenti elettrici, perdita di combustibili ed oli, la rottura degli impianti dell’aria e la fuoriuscuita di gas di scarico ad alta temperatura. Non solo. Dalle indagini condotte anche dalla Commissione interna di Atac, è emerso che in alcuni casi le cause dell’innesco dell’incendio del bus sia riconducibile al catalizzatore deformato, «che quindi potrebbe aver provocato il surriscaldamento di qualche componente metallico e/o elettrico - si legge nella relazione - posti nei dintorni dello stesso. Ciò avverrebbe una volta che il mezzo ha raggiunto o superato la percorrenza di 500mila chilomettri». Nel documento si parla anche di altre cause che 3 anni fa hanno distrutto i mezzi. Tra queste, un «falso contatto sui morsetti tra connettori e cavi di potenza, ovvero proprio in corrispondenza dell’innesto del connettore con il pacco batterie».

 

 

I mezzi dell’Atac secondo le indagini hanno trasportato migliaia di cittadini tra le vie di Roma nonostante i numerosi guasti e le maldestre riparazioni. Per questo sotto la lente della procura nelle ultime inchieste sono finiti dirigenti e vertici del settore manutenzioni dell’Atac. E anche responsabili della struttura, sovrintendenti ai controlli e ingegneri. In alcuni casi nel mirino sono finiti anche i conducenti degli autobus. «La causa dell’incendio è sicuramente da ricercare nel guasto del turbocompressore per guasto al sistema di lubrificazione, con fuoriuscita di olio e conseguente innesco di incendio - continua la relazione - A questo evento ha fatto seguito la grave imperizia del conducente, che dopo il guasto non ha spento il motore per lungo tempo e ha consentito all’incendio di innescarsi e propagarsi...se il conducente avesse spento il motore in occasione del gusto (perdita di potenza del motore e fumosità dello scarico) non si sarebbe sviluppato alcun incendio sul mezzo».

 

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