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Gualtieri promette di ripulire Roma ma il degrado regna in Campidoglio

Martina Zanchi
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È sceso in campo anche il sindaco Gualtieri, col rastrello in mano e il fratino sopra il maglione, a dare una mano alle centinaia di volontari che ieri hanno presidiato i quartieri per ripulire strade, piazze e giardini di Roma. Il primo cittadino ha fatto la spola tra Villa Pamphilj, Colle Oppio e Centocelle, eppure, uscendo dai sui uffici, gli sarebbe bastato domandare al Marco Aurelio equestre da dove iniziare a dare i primi colpi di ramazza. E la statua gli avrebbe potuto rispondere: a pulire inizia da qui.

Persino il Campidoglio, su cui sorge Palazzo Senatorio, non sfugge al degrado generalizzato in cui è sprofondata la Città Eterna. Così, mentre ai piedi del colle il centro di Roma fa di nuovo i conti con un'invasione di spazzatura, il Campidoglio non brilla certo per decoro.

«Fa male vedere la piazza in queste condizioni», commenta un cittadino che racconta di frequentarla abitualmente. Ci indica le erbe infestanti che crescono rigogliose e indisturbate tra le fessure degli antichi marmi. Ora che la primavera è iniziata, è spuntato anche qualche fiorellino. Pensare che Roma deve il disegno attuale di piazza del Campidoglio al genio di Michelangelo, che realizzò la facciata di Palazzo Senatorio e il podio del Marco Aurelio. Il colpo d’occhio, ad oggi, non le rende giustizia.

«Ci troviamo in un sito Unesco, è come se nella Cappella Sistina crescessero le erbacce», riflette la nostra guida. Eppure nessuno sembra farci caso, in una sorta di assuefazione al degrado della città. E se la piazza è il volto istituzionale del Campidoglio, costantemente sotto gli occhi della politica, delle telecamere e dei turisti, basta addentrarsi tra le stradine e le scalinate per notare come la cura dei luoghi lasci piuttosto a desiderare. Passando oltre invadenti transenne e teli oscuranti - dietro i quali in alcuni casi non troviamo solo materiale da cantiere, ma anche sacchi di rifiuti - è l’incuria generale a catturare lo sguardo.

Passino le ringhiere rotte e i residui di plastica gettati a terra da passanti incivili; passino anche i cavi volanti, le erbacce sulle scale e alla base dei muretti, i portoni di legno scorticati. È impossibile, tuttavia, passare oltre il forte odore di urina che assale i passanti in un angolino della Scala dell’Arce Capitolina, che congiunge via di San Pietro in Carcere e il Museo del Risorgimento.

È ancora la nostra guida di quartiere, appassionata di storia antica, a indicarci dove guardare. «Non vi sembra strano che i giardini di Monte Caprino siano puliti e potati solo a metà? Dall’altra parte ci sono alberi crollati, balaustre rotte e la vegetazione è fuori controllo».

Il sito internet di Roma Capitale spiega, in effetti, che «i giardini di Monte Caprino sono chiusi per motivi di sicurezza (da marzo 2018)» e che i giardini del Campidoglio sono aperti solo sulla sinistra della piazza, dove prendono il nome di Papa Sisto IV. Nel 2009 la giunta Alemanno ne ordinò la bonifica e la chiusura nottetempo, per impedire che i terrazzamenti di Monte Caprino sprofondassero di nuovo nel degrado, meta di ambigue frequentazioni notturne.

A recuperarli in parte ci provò l'amministrazione Raggi, che nel 2021 riapriva al pubblico «dopo 12 anni» il belvedere della Rupe Tarpea, oggetto di lavori di restauro finanziati con 1,6 milioni complessivi dalla maison Gucci, in accordo con la Sovrintendenza Capitolina. L’obiettivo era restituirli ai cittadini e ai turisti che, peraltro, proprio in questo periodo hanno ripreso a brulicare tra le attrazioni del Campidoglio. Li accolgono i marmi di Michelangelo, infestati dalle ortiche.

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