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La guerra e la crisi fanno fuggire i turisti da Roma. Fallimenti a tappeto degli hotel

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Damiana Verucci
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Alberghi in vendita a prezzi stracciati o che finiscono all’asta. La mancanza prolungata di turisti per la nostra città si sta rilevando una vera e propria sventura per gli imprenditori titolari di strutture ricettive. Specie se ubicate in centro dove il turismo quattro e cinque stelle è crollato e ora, con la guerra in Ucraina e le tensioni internazionali, rischia addirittura di azzerarsi completamente. La conferma arriva anche dal Centro Studi Sogeea, che ha analizzato il numero di alberghi in Italia andati all’asta e ha evidenziato come il Lazio, con Roma epicentro di questo fenomeno, sia la terza regione con più strutture in procedura fallimentare dopo Sardegna, Sicilia e Toscana. «Come accade nel comparto residenziale - spiega il professor Sandro Simoncini, presidente di Sogeea e direttore del Centro studi - anche in questo caso a pagare dazio sono soprattutto le realtà imprenditoriali di dimensioni contenute: il 55% dei complessi turistico ricettivi finiti all’asta ha un prezzo inferiore al milione di euro, una quota del mercato assolutamente in linea con quella rilevata nello studio di luglio 2021».

 

 

All’asta ci stanno finendo soprattutto alberghi, b&b, case vacanza che si trovano in centro e in quartieri come l’Esquilino dove la percentuale di ricettività è piuttosto alta e le strutture ancora chiuse sono tante. Federalberghi stima ce ne siano oltre 320 che hanno cessato di ospitare clienti da oltre un anno, alcuni stavano pensando di riaprire nelle prossime settimane spinti dall’ottimismo delle prenotazioni per Pasqua, ora però tutto è tornato fermo. Di questi alberghi che non lavorano, il Direttore di Federalberghi Tommaso Tanzilli teme che un discreto numero non riaprirà più e «purtroppo ci andranno di mezzo gli occupati, come sta già accadendo. La situazione nel comparto è piuttosto grave, sono in tanti a pensare di vendere e dare via l’albergo per non continuare a pagare costi che non possono più permettersi». Facile in questo momento imbattersi in annunci di alberghi come in zona Fontana di Trevi la cui richiesta è di due milioni di euro quando prima del Covid, per la stessa struttura, se ne chiedevano almeno tre. E sempre in centro troviamo strutture ricettive all’asta in via Frattina per 730 metri quadrati di superficie e un edificio cielo terra in buono stato con una richiesta base di scarsi tre milioni. Oppure in pieno Esquilino: otto locali, 234 metri quadrati base d’asta, 563 mila euro. E ancora, in zona Repubblica, via Macao, altra struttura di 630 metri quadrati articolata su quattro piani; si parte da una proposta di vendita di un milione e mezzo.

 

 

Non di rado, nonostante i prezzi non proprio proibitivi, queste aste vanno a vuoto perché in questo periodo si fa fatica a immaginare di acquistare un albergo non sapendo quanto durerà l’offensiva russa e quando, soprattutto, ripartirà il turismo. Nel frattempo, il destino di nuovi grandi alberghi prossimi all’apertura in zona via Veneto è appeso ad una soluzione più rapida possibile della guerra. La grande catena Marriott, ad esempio, ha in programma di aprire una nuova struttura con il brand Edition. Rosewood ha invece scelto la sede dell’ex Bnl mentre Mandarin, la grande catena di Hong Kong sarebbe pronta a siglare per gestire i dieci villini Sallustiani, situati tra le vie Sallustiana, Boncompagni e Quintino Sella. Un affare che vale oltre 100 milioni.

 

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