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Gli ucraini di Roma scendono in piazza: "Le parrocchie italiane ci aiutino". "Bandite i russi"

"Servono fatti, più che parole. Ci sentiamo soli". Gli ucraini manifestano a Roma

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La comunità ucraina di Roma si è raccolta in piazza della Repubblica per protestare contro la guerra. In centinaia - uomini, donne, giovanissimi, bambini - hanno intonato l'inno nazionale e subito dopo il "Padre nostro". Un cartello recita: "Ban Russian from swift" (bandire i russi dallo swift). Un altro, scritto in spagnolo: "El pueblo umido sera jamas vencido" (il popolo unito non sarà mai sconfitto"). O ancora: "Putin vattene", "Nato aiutaci". Oltre agli ucraini, ci sono anche molti italiani, bielorussi e cittadini di altre nazionalità.  «Chiediamo che si fermino, chiediamo aiuto. Non siamo in pericolo solo noi, è in pericolo tutto il mondo», spiega una donna. Gli agenti della polizia sorvegliano la zona e i vigili hanno bloccato la circolazione in alcune strade limitrofe. Un corteo improvvisato, creatosi dalla manifestazione, si è poi diretto verso piazza Cavour, intonando cori e slogan.

Da parte del governo e delle organizzazioni italiane «servono raccolte e aiuti umanitari». Tetyana Tarasenko, che è presidente del Consiglio di coordinamento delle organizzazioni ucraine in Italia e gestisce l’associazione Scuola ucraina Prestigio a Roma, lancia un «appello a tutte le parrocchie italiane cattoliche e di altre confessioni: organizzate una raccolta di aiuti umanitari per l’Ucraina!». Tarasenko spiega che la manifestazione ha l’obiettivo di chiedere risposte concrete, «nei fatti più che nelle parole».

Tra le richieste, oltre all’isolamento economico e diplomatico russo, aiuti economici all’Ucraina, aiuti umanitari, sostegno economico diretto alle forze armate ucraine di difesa, sostegno alle realtà economiche, industriali e di filiera, accoglienza di eventuali profughi dall’Ucraina. «Noi stiamo organizzando delle raccolte di beni e medicinali, ma sono raccolte autogestite», sottolinea Tarasenko chiedendo alle organizzazioni italiane e alle parrocchie di scendere in campo e spiegando che, di fronte a profughi in arrivo dall’Ucraina, «non abbiano indicazioni sull’organizzazione per l’accoglienza. Ci sentiamo soli».

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