droga e sangue
Omicidio Sacchi, pm chiede 4 anni e mezzo per Anastasiya Kylemnyk
Ergastolo per Valerio Del Grosso, 30 anni per Paolo Pirino e Marcello De Propris. È la richiesta della pm Giulia Guccione nel processo per l’omicidio di Luca Sacchi. Nell’aula bunker di Rebibbia, davanti alla prima Corte d’Assise, ci sono Del Grosso, reo confesso, autore materiale dell’omicidio, e Pirino, che quella sera lo accompagnava e aggredì Anastasiya Kylemnyk, fidanzata di Luca, pochi istanti prima che Del Grosso sparasse al giovane.
Anastasiya è accusata di violazione della legge sugli stupefacenti, per cui si chiede una condanna a 4 anni e mezzo di carcere. Imputato anche De Propris, che fornì la pistola e il padre, Armando, accusato di detenzione d’arma, per il quale si chiede l’assoluzione. Nella requisitoria la pm ripercorre nei dettagli la notte della morte del giovane, ucciso con un colpo di pistola sparato alla testa, il 23 ottobre del 2019, nei pressi di un pub nel quartiere Appio Latino di Roma. La tragedia nasce dal tentativo di rapina di Del Grosso, intenzionato a rubare 70 mila euro pattuiti per una partita di marijuana, senza fornirla. La vicenda conserva tanti lati oscuri, non solo in chi, come l’omicida, aggredisce e uccide Luca, «con una violenza gratuita», spiega la pm, in un agguato che, più che a una rapina, fa pensare al tentativo di dimostrare alla malavita la propria cattiveria.
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Troppi gli aspetti mai del tutto chiariti, anche nelle ricostruzioni della fidanzata di Luca, Anastasiya e dell’amico, Giovanni Princi: «C’è chi, in questo processo, ha mistificato i fatti creando dei veri e propri depistaggi», evidenzia l’accusa che aggiunge: «Princi, ha tenuto un comportamento ostativo all’accertamento della verità dei fatti e Kylemnyk ha mentito e cambiato versione più volte». Subito dopo la morte del ventenne, una valanga di falsità viene scaricata sul caso da tutti coloro che, la sera del 23, hanno organizzato il tentato acquisto di droga, o vi hanno partecipato. Non un carico da piccoli spacciatori, ma roba grande, nella quale tutti, dopo l’omicidio, sono terrorizzati e tentano disperatamente di salvare la pelle, recuperare i soldi e magari uscirne puliti. «La cosa paradossale è che Luca, dopo la morte, sia stato fatto passare per l’accusato - dice la pm - Per questo oggi mi sento obbligata a fornire la verità processuale che risulta dalle carte».
Princi, condannato in abbreviato per il tentato acquisto della droga, secondo l’accusa avrebbe recuperato i 70 mila euro dall’auto di Anastasiya, dove li avevano nascosti prima dell’agguato, proprio mentre Luca moriva in ospedale. Dal canto suo, la ragazza ha mentito, anche ai familiari della vittima, per evitare ogni accusa. Con il loro comportamento, l’amico e la fidanzata di Luca, hanno contribuito a fare in modo che i soldi della "mala", a causa dei quali il ragazzo è morto, venissero restituiti a chi glieli aveva forniti, rientrando, sostiene l’accusa, in quel circuito della criminalità romana per cui il ragazzo è stato ucciso, in strada, con un colpo di pistola alla testa.