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"Siamo al collasso" i medici di base del Lazio minacciano lo sciopero

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Massimiliano Gobbi 
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Medici di base al collasso nel Lazio, lasciati dopo tre ondate pandemiche sotto il peso di pratiche burocratiche e amministrative, tanto da essere sempre più simili a dei funzionari statali piuttosto che a dei dottori in medicina con dei pazienti da seguire e curare. Stressati dal punto di vista fisiologico e psicologico a tal punto da minacciare lo sciopero e la chiusura degli studi. E' la situazione descritta a gran voce dall’Intersindacale Medici Lazio SMI-SNAMI-SUMAI che nella giornata di ieri hanno lanciato il proprio "grido di dolore", attraverso una conferenza stampa in cui hanno narrato nei minimi dettagli la propria condizione:

 “Nel Lazio a seguito di uno sciagurato accordo regionale, tutte le funzioni di sanità pubblica sono state poste in carico ai medici di medicina generale e tale situazione non è più sostenibile. Niente è stato fatto per favorire la dotazione di collaboratori per gli studi medici che si occupassero di funzioni intermedie. Dichiariamo pertanto lo stato di agitazione”. 

 

La pressione da parte dei pazienti del resto è fortissima, come ad esempio richieste continue di informazioni, terapie, certificazioni varie, pratiche green pass, isolamento, guarigioni, fino ad arrivare ai pareri riguardanti la scuola, fine quarantena e chi più ne ha più ne metta. Quello che chiedono i professionisti è semplice, poter dedicare il massimo del proprio tempo ai pazienti e non svolgere così tante funzioni da passacarte per il sistema sanitario regionale, come dei veri e propri burocrati. Ciò non fa che favorire, tra l'altro, l'allontanamento del medico curante dal paziente, dal momento che, come rivelano gli stessi sindacati in una nota diffusa, si trovano costretti a dare lo stop obbligatorio alle risposte ai cellulari e alle e-mail dopo una certa ora, non potendo soddisfare le esigenze di tutti i pazienti con il poco tempo a disposizione rimasto. Sono sempre di più infatti le funzioni ripetitive che dovrebbero essere garantite dai sistemi informatici regionali e nazionali e che invece riempiono l'orario di lavoro dei dottori. “La nostra protesta, se non vi saranno cambiamenti radicali nelle politiche sanitarie e nelle relazioni sindacali con la parte pubblica, sarà determinata, fino ad avviare il percorso per l’indizione dello sciopero, con la chiusura degli studi”, minaccia la nota dei sindacati dei medici di medicina generale e guardie mediche.

 

Sulla questione si è pronunciato da subito il consigliere regionale della Lega, Daniele Giannini, membro della Commissione Sanità, che ha spiegato: "I medici di base, che soltanto nella capitale sono circa 2.400 per un totale di 2,4 milioni di pazienti assistiti, sono una preziosissima risorsa per la comunità, il vero e proprio anello di congiunzione tra cittadino e sanità, indispensabili sentinelle che da due anni fronteggiano l'emergenza sanitaria con il controllo preventivo e il monitoraggio costante dei soggetti più vulnerabili. Vanno tutelati e aiutati a svolgere le proprie mansioni e non appesantiti da fardelli che non possono portare avanti. Vanno dotati di collaboratori per gli studi medici che si occupino di tutte quelle funzioni intermedie e burocratiche che da soli non possono continuare a svolgere. Daremo battaglia affinché le Asl e la Regione convochino i rappresentanti sindacali dei professionisti e prendano in carico, con il proprio personale, la maggior parte possibile di tutte quelle istanze che quotidianamente affossano il lavoro dei medici di medicina generale. L'orario, i turni e i diritti minimi vanno rispettati per tutte le categorie di lavoratori, quindi anche, e a maggior ragione, per quei dottori che, con grande ritorno mediatico, vengono spesso chiamati 'angeli' dalla politica, ma che, a ben vedere, da ormai troppo tempo, sono alle prese, piuttosto, con ritmi di lavoro davvero infernali".

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